L’Avanti! con le feste militanti di popolo e di partito da più di un secolo testimone dell’Italia che cambia

di Stefano Amoroso

La Festa Nazionale dell’Avanti è un appuntamento imperdibile per chiunque voglia approfondire la realtà politica nazionale ed internazionale, con i suoi conflitti, le sue contraddizioni, le conquiste per i diritti dei lavoratori e le speranze di vivere in un mondo migliore. Il quotidiano ufficiale dei socialisti italiani nacque nel 1896 e già il primo numero era un eloquente manifesto programmatico, grazie al titolo dell’editoriale di Leonida Bissolati “Di qui si passa”, che era una risposta al monito intimidatorio rivolto al nascente giornale dal Presidente del Consiglio Antonio Starabba, marchese di Rudinì, che aveva ammonito i dirigenti del Psi con la frase: “di qui non si passa”. L’arroganza della nobiltà sabauda più conservatrice meritava una risposta all’altezza, e gliela diede Bissolati con quel celebre editoriale, nel quale rivendicava al partito socialista il ruolo di portavoce delle istanze dei lavoratori, tanto degli operai delle fabbriche quanto dei braccianti agricoli, e della piccola borghesia, che erano ai margini della politica di allora. Non dobbiamo dimenticarci che erano gli anni del macellaio generale Bava Beccaris, che non esitò a prendere a cannonate una folla di manifestanti che reclamava pane e diritti, roba che al giorno d’oggi non sarebbe concepibile in nessun Paese democratico e persino in molti di quelli non democratici. Il Psi, attraverso il suo principale giornale, ha sempre predicato la lotta non violenta ed indicato la via dello sciopero o della manifestazione come la più adatta per sovvertire le tante iniquità di allora. D’altra parte, era ancora viva in tutti la memoria della feroce repressione in tutta Europa dei moti insurrezionali a favore di una paga migliore e maggiori diritti. Se la storia d’Italia è stata diversa rispetto a quella del resto d’Europa, è stato anche perché il principale partito dei lavoratori, almeno fino al congresso di Livorno nel 1921, ha sempre mantenuto una linea fermamente pacifista, contraria all’uso della violenza e riformista. E tale è rimasta la posizione del partito, anche dopo l’instaurazione del regime fascista e l’abolizione della libertà di stampa. Anche se ci vollero anni, i dirigenti e gl’intellettuali socialisti, a differenza di quelli comunisti, non cedettero mai all’impulso della violenza gratuita, né pensarono che, uccidendo il Duce o gli uomini chiave del regime, la situazione sarebbe potuta cambiare. Gli attentatori ed i sobillatori, che pure ci furono, agirono sempre a titolo individuale. Così, dopo la Liberazione, il Partito Socialista poté presentarsi agli elettori come il più autentico interprete della volontà popolare e del ceto operaio, che aveva continuato a difendere e rappresentare anche in clandestinità. Gli anni Cinquanta furono quelli in cui le Feste dell’Avanti! divennero manifestazioni popolari, consolidate e diffuse sul territorio italiano. Emblematica, in tal senso, la Festa del 1955 a Reggio Emilia. Negli anni Sessanta e Settanta si cominciarono a celebrare in tutto il Paese le feste locali e provinciali dell’Avanti!, come occasione per ragionare sulle problematiche locali, e per far incontrare gli amministratori del posto, quelli nazionali ed i militanti che ogni giorno davano vita, sul territorio, alle politiche socialiste. Le feste nazionali cominciarono a spostarsi al Sud, in concomitanza con l’avanzata del Partito nel Mezzogiorno d’Italia, e Napoli divenne un caposaldo socialista, insieme alla città storicamente rappresentativa dei successi e delle cadute del partito: Milano. E proprio nel capoluogo lombardo, a partire dagli anni Ottanta, il Psi guidato da Bettino Craxi celebrò le sue feste più rappresentative: non i fasti, come qualcuno ha scritto con intento di screditare una storia politica importante, ma feste di popolo e militanti. Certo, col tempo gli uni e gli altri erano cambiati, insieme all’Italia: non più le masse affamate di contadini ed operai analfabeti che vivevano in condizioni di gravissimo disagio, ma operai specializzati ed istruiti, agronomi, piccola e media borghesia. Milano, governata da giunte di centrosinistra a guida socialista, era la punta di diamante della trasformazione dell’Italia, da ex periferia povera d’Europa ad uno dei suoi centri più brillanti. Da Paese agricolo ad industriale. C’era un diffuso benessere e fu coniata, certo non da cronisti dell’Avanti!, la definizione di “Milano da bere” che voleva etichettare in maniera negativa una città, una fase storica, un gruppo dirigente ed un partito intero. La verità è tutt’altra: accanto ad una legittima voglia di leggerezza, che non era superficialità, il Partito Socialista non ha mai smesso di occuparsi di far avanzare i diritti degli italiani in un quadro di riforme democratiche. E questo, oggi, ci viene riconosciuto anche da chi ci ha attaccato in passato. Di qui si passa, intitolava un suo editoriale il compianto direttore del nostro giornale Ugo Intini, nel 2010: ancora oggi, come nel 1896, è una promessa, un monito ed un’intima certezza del popolo socialista d’Italia. A Bologna in questi giorni il Psi si riunisce con lo spirito di sempre.

 

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