La relazione del Segretario, Enzo Maraio, al Consiglio Nazionale

 

La relazione del Segretario del Partito, Enzo Maraio, approvata dal Consiglio Nazionale di ieri, 16 ottobre 2022.

 

 

Care compagne, cari compagni,
grazie per essere qui oggi alla riunione del consiglio nazionale che ho convocato per esaminare, come sapete, due punti all’ordine del giorno.
Il primo, l’analisi del voto delle elezioni politiche, la situazione che si è determinata per noi, per il centrosinistra e, soprattutto, le conseguenze per l’Italia.
Al secondo punto vi è la elezione degli organi, come prevede lo statuto del partito, alla prima riunione del consiglio nazionale. Non è frutto di un vezzo, nè una mia facoltà, ma il rispetto delle regole dello statuto che è e rimane la nostra bussola.
Ed è evidente che il secondo punto sarà conseguenza delle determinazioni che assumeremo nel dibattito relativo al primo punto.
Intendo precisare subito che non ho voluto aderire alle richieste, pervenute nelle scorse settimane, di alcuni compagni che chiedevano di tenere riunioni ristrette, forse per organizzarsi preventivamente e stabilire cosa fare oggi. Considero questo consiglio non un organo vuoto che ratifica scelte già fatte in pochi, che si sono visti attorno a un tavolo. Questo è il più alto organo del partito, che indirizza la politica nazionale nell’ambito della linea indicata dal Congresso. Dobbiamo rifiutare l’idea di un partito che appartiene a qualcuno o a pochi.
È invece questo il luogo collegiale nel quale discutere e ragionare. Insieme.
Il risultato delle elezioni politiche non lascia spazio a molte interpretazioni. A una vittoria storica della destra è corrisposta una sconfitta storica della sinistra. Ma attenzione, è un errore pensare che il risultato delle elezioni politiche sia stato frutto del caso e delle contingenze. La sconfitta del centrosinistra viene da lontano: la corsa alle primogeniture, i personalismi che hanno caratterizzato il leitmotiv del centrosinistra negli ultimi anni, ci hanno portati a vedere il dito e non la luna. Mentre nel Pd, il maggiore partito della sinistra italiana, colpito dal virus del correntismo permanente, si dibatteva su quale quota privilegiare nella spartizione dei seggi, fuori c’era un paese distrutto, in preda ad un aumento spropositato delle bollette e sotto la morsa della povertà. E lì cha ha sbagliato la sinistra. Guardare a sè stessa senza vedere cosa c’era fuori.
Ma è inutile girarci intorno: l’Italia avrà uno dei governi più a destra della storia, che probabilmente sacrificherà i diritti sull’altare del sovranismo esasperato e le responsabilità ci sono, eccome se ci sono. E’ noto che le vittorie hanno molti padri e le sconfitte sono orfane. Per me, invece, sia le vittorie che le sconfitte devono avere molti padri e sono collettive allo stesso modo.
Ha saputo, il partito democratico guidato da Enrico Letta, aggregare attorno a sè una coalizione ampia capace di arginare la destra? No.
E’ stato un gesto politicamente responsabile, quello di Calenda, che si è reso protagonista di giravolte e impegni subito sconfessati? No.
Le divisioni, le titubanze, le scelte sulle quali neppure noi, in fondo, eravamo del tutto convinti, ci hanno portato a trascurare il dialogo con le persone. Non abbiamo capito che

bastava guardare ai bisogni e affrontare la questione sociale per provare ad essere quello che siamo sempre stati: la sinistra vicina agli ultimi.
Non siamo riusciti ad offrire un programma chiaro e credibile per migliorare le condizioni di vita degli italiani. La lotta alla povertà, il sostegno ai lavoratori soprattutto precari, una fiscalità meno aggressiva per gli imprenditori, la riattivazione dell’ascensore sociale erano i nostri principali obiettivi, che abbiamo declinato in maniera tardiva e poco incisiva.
In Italia si è verificato ciò che in Svezia è successo qualche settimana fa e ciò che è avvenuto di recente in Germania, alle elezioni in Bassa Sassonia dove l’AFD, il partito di estrema destra, aumenta le proprie percentuali di oltre il 6%. La paura per la guerra, le incertezze economiche e il caro energia che stanno mettendo a dura prova la vita delle famiglie e delle imprese, sono leve di malcontento sulle quali i partiti di destra in tutta Europa stanno cavalcando il malumore dei cittadini.
Oggi siamo al punto della rottura sociale: c’è un esercito di persone – soprattutto tra le fasce più povere e meno istruite – che non vota più (il dato dell’astensionismo a livello nazionale alle ultime politiche è arrivato al 36%, con punte del 50% al Sud) perché percepisce il voto non più come strumento di cambiamento. La piaga dell’astensionismo è un fenomeno ormai sempre più crescente in Italia.
La retorica del “bisogna avvicinare i cittadini alla politica” non ha più alcun senso se non cambiamo atteggiamento, approccio e se non li accompagniamo alla modifica della legge elettorale e troviamo una soluzione al voto per i fuori sede: pensiamo sia arrivato il momento di introdurre un sistema proporzionale, con preferenze, per avvicinare di nuovo gli eletti agli elettori e sarà necessario attivare il voto elettronico per i fuori sede.
Anche la guerra in Ucraina ha condizionato la campagna elettorale perché ha contribuito ad alimentare quel sentimento di paura e ansia negli italiani: nelle ultime due settimane di campagna elettorale abbiamo sentito nuovamente frasi come “utilizzo della bomba atomica”, piombando di nuovo negli anni della guerra fredda. Nelle ultime settimane la Russia ha intensificato gli attacchi all’Ucraina, distruggendo molte infrastrutture civili e aumentando il numero di morti innocenti. Per questo consideriamo un errore le manifestazioni pacifiste “orizzontali” ovvero quelle che mettono sullo stesso piano aggressori ed aggrediti. Tutti noi siamo perché torni quanto prima la pace, ma è ormai inevitabile che per avere un cessate il fuoco reale e duraturo la Russia deve lasciare i territori occupati in Ucraina. Non possono esserci altre strade o vie di mezzo. Per questo siamo stati giovedì scorso in piazza, sotto l’ambasciata russa a Roma per esprimere ancora solidarietà al popolo ucraino e condannare il vile attacco di Putin.
Il Governo Meloni che si appresta a giurare fra qualche giorno non nasce sotto una buona stella. E lo ha dimostrato al Senato, quando si è frantumata alla prima curva dopo essere uscita forte e coesa dalle urne del primo turno, di fronte all’elezione dell’ex Missino Ignazio La Russa, che da seconda carica dello Stato, come primo augurio, ha incassato un sonoro Vaffa dal Cavaliere. Niente male.

Con il dovuto rispetto per la democrazia e per le cariche dello Stato, la scelta di La Russa, per quello che rappresenta e ha rappresentato in termini ideologici, appare infelice e desta preoccupazione, come lo è quella del nuovo Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, famoso nelle cronache politiche italiane per tutte le posizioni omofobe e di contrasto alle nuove frontiere dei diritti civili.
Senza contare che, smaltita l’euforia della vittoria delle elezioni, c’è già una forte spaccatura tra gli alleati per la composizione della squadra dei ministri, segno delle ormai evidenti lacerazioni che ci sono nel centrodestra. Hanno saputo nascondere bene le divisioni nel corso della campagna elettorale, ma oggi viene presentato il conto sul tavolo della premier che sarà verosimilmente incaricata. E la situazione diventerà ancora più complicata quando il neo Governo dovrà affrontare la questione della guerra, delle alleanze internazionali, del caro energia, dell’economia e delle riforme, dove le visioni e le idee dei tre azionisti di maggioranza del governo sono finanche opposte.
Siamo molto preoccupati. Riusciranno a trovare una composizione, che sarà sicuramente precaria e temo che l’orizzonte della loro tenuta rischi di essere di corto respiro.
Per noi è il tempo di armare l’opposizione. E la faremo, certo, lasciando alle spalle una delusione che sarebbe inutile nascondere, ma con l’entusiasmo che non ci ha mai abbandonato, mettendo in campo le nostre battaglie:
Guardando a un welfare sociale che questa destra ha intenzione di buttare giù a picconate. Lavorando per ridurre la forbice delle diseguaglianze, mettendo in campo una proposta che ridia dignità ai lavoratori, difendendo la sanità pubblica e la scuola, sollecitando i giovani alla partecipazione.
Da oggi dobbiamo serrare le fila: occorre stare di più tra la gente, condividere il malessere delle famiglie e diventare, ciascuno, portavoce della società reale, facendo leva sul nostro patrimonio più importante, i nostri amministratori locali, che ci sono, sono molti e sono bravi.
Lo abbiamo sempre fatto, lo sappiamo fare. E’ questo il nostro campo: non lasciamo percorrere, ad altri, una strada che da anni abbiamo battuto contribuendo all’ammodernamento del Paese. Dobbiamo essere capaci di far prevalere la politica e anche dall’opposizione si può fare. Anzi, con le mani libere e con spirito garibaldino, dobbiamo pungolare le forze di opposizione a unirsi contro questa onda nera che dall’Europa si è spinta fino in Italia.
Anche nella nuova condizione che ci vede fuori dal Parlamento. Una brutta battuta d’arresto sul percorso di crescita che avevamo avviato, ma che oggi dobbiamo essere in grado di volgere in positivo intensificando la nostra iniziativa politica nei territori. Dobbiamo farci trovare pronti a reagire quando il seme del populismo, ancora una volta, non riuscirà a diventare albero di fronte ai problemi veri dell’Italia.
Nei giorni scorsi siamo stati a Berlino al congresso del Pes, che ha sancito l’avvio di una nuova fase con la elezione a presidente dell’ex primo ministro svedese Stefan Lofven e la conferma della nostra Pia nell’Ufficio di Presidenza.
Voglio rivolgere anche da questa assemblea un caloroso augurio di buon lavoro al neo presidente Stefan Lofven sicuro che saprà condurre la nostra comunità europea ad

importanti risultati. In vista delle elezioni europee del 2024 abbiamo approvato la risoluzione che è il punto di partenza programmatico sul quale i partiti socialdemocratici europei si impegneranno. Due punti principali sono stati affrontati: la guerra in Ucraina, con il convinto sostegno al popolo ucraino affinchè la Russia liberi quelle terre e la questione energetica dove sosteniamo convintamente la proposta del commissario Gentiloni di un piano SURE all’energia ed evitare che ogni singolo stato affronti il problema da solo.
Quanto a noi, compagni, abbiamo il dovere di essere chiari tra di noi, se abbiamo fino in fondo a cuore questo partito.
Abbiamo commesso molti errori, ho commesso molti errori. Non intendo nemmeno per un istante sottrarmi alle mie responsabilità.
Sono stato oggetto nelle settimane scorse di svariati attacchi pubblici, tutti legittimi, per carità. Mi limito però a stigmatizzare una certa tendenza a superare il limite del rispetto dovuto alle persone, alla mancanza di solidarietà, che tra compagni – rispetto e solidarietà – non devono mai mancare.
Insieme a quella tendenza alla denigrazione che finisce per diventare autodistruzione del partito. Quello che dobbiamo evitare.
Resto piuttosto legato al vecchio insegnamento per il quale i panni sporchi si lavano in famiglia. I problemi si pongono negli organismi del partito se siamo mossi da volontà di migliorare e costruire politica.
Comunque, come funziona in qualsiasi squadra, concetto a cui sono molto legato, l’allenatore, deve assumersi le responsabilità. E’ quello che sto già facendo di fronte a voi e che farò ma non prima di aver provato a mettere alcune cose in chiaro.
C’è una cosa, in politica, che proprio non si può fare: attaccare il giorno dopo, indignarsi all’indomani, dire: “bisognava fare così, serviva prendere altre strade”, come se questo bastasse, peraltro, a risolvere una situazione già complessa.
Le decisioni assunte sulla collocazione del partito per queste elezioni politiche sono emerse dal congresso di soli tre mesi fa e trovano attuazione nella lista che ci ha visti candidati. Una lista che mettesse insieme le forze che si riconoscono nei valori e nelle idee della grande famiglia del socialismo europeo.
Questo è scritto nella mozione che mi ha candidato al congresso e che abbiamo assunto come impegno, a cui abbiamo, insieme, dato seguito.
Certo, tutti avremmo preferito un simbolo diverso, con una chiara identificazione dell’appartenenza al Pes, ma per alcune miopi resistenze interne al Pd non è stato possibile, nonostante le sollecitazioni forti da parte nostra e di Articolo 1. Le decisioni assunte collegialmente per le elezioni politiche sono state tutte nel solco del mandato assunto al Congresso e alle successive riunioni con i segretari regionali e con il gruppo dei dirigenti cosiddetti maggiorenti. Nel corso delle quali io proposi, come da deliberato del congresso, una duplice possibilità: correre sotto il nostro simbolo e con una nostra lista in autonomia ed in alleanza con il centro sinistra oppure partecipare ad una lista appunto con le forze ispirate al socialismo europeo.

Tutti, ad eccezione del segretario della Basilicata e di quello dell’Abruzzo, esclusero con vigore la possibilità della nostra lista in autonomia perché strada troppo gravosa e rischiosa nei tempi brevi che avevamo. Tutti gli altri hanno sostenuto il percorso di alleanza con le forze ispirate ai valori del socialismo europeo.
Non dimentichiamo che abbiamo affrontato una campagna elettorale inattesa, arrivata all’improvviso e che ha segnato delle scadenze temporali molto strette, che hanno creato una situazione di emergenza e straordinaria per la nostra fragile comunità.
Compagne e compagni, la strada che abbiamo intrapreso con le elezioni politiche era l’unica strada perseguibile per appartenenza ed ideologia politica. E dobbiamo rivendicarlo. Abbiamo collocato il partito nel suo alveo storico, quello della sinistra italiana, in rappresentanza dei valori legati alle libertà, alla giustizia sociale, ai diritti civili che sono propri della nostra grande famiglia europea, quella socialista e socialdemocratica.
I nostri compagni di viaggio non hanno avuto certo il coraggio necessario. Con il senno del poi potevamo fare altro? Probabile, andando a collocarci in aggregazioni che possono andare bene per un’alleanza, ma senza prospettiva di lunga durata e certamente non in ossequio a identità di visioni o a valori ideologici.
Vi ricordo che la lista di Più Europa è nata pochi giorni prima del deposito delle liste e tutti noi, sondaggisti compresi, la quotavamo in percentuali lontane dallo sbarramento previsto, e lo stesso accadde al terzo polo dopo la giravolta di Calenda. E ricordo anche che la collocazione fuori dal centrosinistra era stata bocciata dal nostro congresso, tanto che poi essa ha finito per rappresentare -come prevedibile- un ulteriore elemento di divisione della coalizione che ha fatto perdere al centrosinistra innumerevoli collegi uninominali consentendo al centrodestra una vittoria ancor più facile.
Più di tutti scontiamo la sconfitta elettorale del centrosinistra. Abbiamo però la consapevolezza di avere imboccato la strada politica ed ideologica giusta, con una alleanza che ha tenuto i socialisti nell’alveo naturale della nostra storia. Lo rivendico e dovremmo rivendicarlo tutti.
Credo inoltre sia doveroso da parte di tutti rivolgere un forte ringraziamento ai candidati alle elezioni politiche, che si sono spesi con capacità per tenere alti i nostri valori, ma anche ai tanti dirigenti che lo hanno fatto pur non essendo candidati.
Il risultato non è stato proporzionato agli sforzi profusi.
Ma ora, insieme, occorrerà trovare la forza e la determinazione di continuare la nostra azione politica, e anzi rafforzarla.
Bisogna voltare pagina, come si fa ogni volta che si arriva a momenti storici e di svolta importanti. Questa sconfitta ha aperto uno squarcio nella nostra coalizione. Il Pd attraversa una grande crisi e hanno messo un congresso sullo sfondo dagli obiettivi poco chiari. Quello che a noi è chiaro è che il Psi non ha alcuna intenzione di partecipare, votare ed eleggere il Segretario del Pd. Il tema non è mai stato all’ordine del giorno.
La nostra strada è sempre la stessa, è stata tracciata da ultimo al congresso nazionale ed è quella di lavorare per noi stessi, sulla nostra autonomia politica ed organizzativa, e potenziare la nostra comunità, alimentando un lavoro a partire dai territori attraverso la

presentazione di nostre liste ai prossimi appuntamenti elettorali con l’obiettivo di presidiare e rafforzare una presenza nel centrosinistra che abbia una forte identità ispirata ai valori delle socialdemocrazie europee, che è quello che è mancato alla coalizione per le elezioni politiche.
Lo possiamo fare, facendo leva anche sulla certezza che abbiamo messo in salvo il 2×1000, che potremo continuare a prendere grazie alla disponibilità di qualche parlamentare alleato. E forti anche del dato che vede il nostro 2×1000 in crescita.
Nel 2022 abbiamo incrementato gli introiti di circa 20.000 euro in più, il che ci consente, insieme al tesseramento, di mantenere intatta la struttura e di continuare con dignità la nostra azione politica.
Per i prossimi due anni, in assenza di voto nazionale, non avremo la preoccupazione di stabilire le alleanze e possiamo quindi concentrarci esclusivamente sul lavoro che dobbiamo fare noi rafforzando il radicamento del nostro partito. Unica strada per prepararci al meglio e aumentare il nostro peso specifico per essere più forti per qualsiasi sfida futura.
Un percorso da avviare con immediatezza è quello di un rinnovato movimentismo facendo leva sullo strumento referendario, che ci consente da un lato di essere presenti tra le persone, nella società, dall’altro di superare l’oggettiva debolezza che ci vede fuori dal Parlamento attraverso proposte di legge di iniziativa popolare sui temi e sulle questioni per noi prioritari: la riorganizzazione della sanità riportandola sul piano di coordinamento nazionale, la riforma delle province che resta attuale, la riforma della legge elettorale in senso proporzionale e una riorganizzazione istituzionale degli enti territoriali, a partire dai piccoli comuni che oggi avvertono più di tutti le difficoltà legate al caro energia.
Il voto alle destre ci indica che l’elettorato sta tornando in una dimensione ideologica molto forte e il voto a Fratelli d’Italia ne è l’esempio più concreto. Ma è anche un voto molto fluido, che si sposta alla velocità della luce. Il centrosinistra sarà in grado di battere questo centrodestra se riacquisisce una identità politica che oggi manca e che la si può trovare solo nell’origine del pensiero socialista e della migliore esperienza socialdemocratica europea.
Le partite si giocano sempre in due tempi. Nel primo tempo noi socialisti siamo andati ingiustamente in svantaggio Se facciamo squadra, vinceremo il secondo tempo e saremo ripagati, guardando alle prospettive di medio e lungo termine:
– Liste autonome sin dalle prossime regionali che coinvolgono il Lazio, la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia, il Molise e molti comuni importanti come Trapani, Siena, Brindisi, Ancona, Brescia.
– presentarci alle elezioni europee – previste tra due anni – con il nostro simbolo, che possiamo pensare di modificare, anche da subito, reinserendo al suo interno il riferimento esplicito al Pes, come in passato. Occorre l’autorizzazione del Pes e di questo posso dirvi

che con Pia abbiamo avviato il ragionamento al congresso di Berlino con la nuova dirigenza del Partito a livello europeo.
– Sarà poi decisivo riavviare un dialogo con tutto il mondo socialista che è ancora fuori dal Psi, coinvolgendo le tante associazioni socialiste e di area, come ci eravamo impegnati a fare già al nostro congresso e provando a parlare a tutti quelli che si sentono orfani in Italia di una forza socialdemocratica, nella quale potrebbero tornare ad indentificarsi. Per questo considero utile organizzare nei prossimi mesi una grande assemblea pubblica per la socialdemocrazia in Italia per riattivare un confronto con tutti e trovare convergenze sui temi e sulle priorità per il Paese, provando a serrare le fila del nostro mondo.
Avviandomi alle conclusioni, compagne e compagni, penso che da questa grande sconfitta per noi, per il centrosinistra, possa aprirsi la strada per importanti momenti di ricostruzione dai quali possono scaturire nuove possibilità di vittorie.
Per costruire si sputa il sangue, ci vuole impegno, sacrificio, tempo… per distruggere basta un attimo. E ricordiamoci sempre che non aiuta il fatto che fa più rumore un albero che cade, rispetto ad una foresta che lentamente cresce.
Questa assemblea è l’organo sovrano del partito: a decidere il futuro del partito e della sua classe dirigente siete voi, siamo noi. Non mi sono mai sottratto all’ascolto.
Ed oggi ascolterò ognuno di voi sul mandato che mi avete conferito in maniera unanime due mesi fa al Congresso di Roma affinchè si apra in questa assemblea, oggi, una discussione franca, netta e reale sul partito che vogliamo, come costruirlo più smart, dinamico ed al passo con i tempi cambiati, chi dovrà e soprattutto vorrà farlo e sui nostri rapporti interni per tracciare un nuovo cammino che dovremo percorrere insieme, basato sulla lealtà e sulla reciproca collaborazione evitando corse ad ostacoli dove i problemi maggiori, come alle ultime elezioni politiche, sono stati creati prevalentemente dal nostro interno.
Resto convinto che non vi sia, per un socialista e per il Partito Socialista, in Europa come in Italia, una collocazione diversa da quella coerente con i valori del socialismo europeo, con l’appartenenza alla famiglia dei socialisti europei.
Quella che ci si presenta oggi è la scelta tra superare la sconfitta restando fedeli alla nostra collocazione internazionale, o fare altro.
Su questo non c’è nessuno tra i componenti del consiglio che può dire di essere stato contattato da me prima di oggi per orientare il dibattito o per convincerli in anticipo sulle posizioni da assumere. Non certo per arroganza, ma per lasciare ognuno di voi scevro da condizionamenti e libero di esprimere in assoluta libertà il proprio pensiero. Oggi serve un confronto leale e franco, dove mi auguro che ognuno di voi possa dire le cose che pensa liberamente. Questo approccio è necessario per adottare le decisioni utili per il nostro futuro.
Ed è per questa ragione che oggi chiedo all’organo politico più importante del nostro partito, all’esito del dibattito, un voto sulla mia relazione che io considero un voto di fiducia, necessario a capire davvero se e come intendiamo proseguire il nostro percorso e andare avanti, dopo le agitazioni e le posizioni assunte da alcuni nelle scorse settimane.

Nessuno ha intenzione di ammainare la nostra bandiera. Anzi. Abbiamo la forza, la voglia e l’orgoglio di farla sventolare più in alto di prima. Ma serve che tutti remiamo nella stessa direzione. Ed è quello che sono sicuro faremo insieme sin da subito.
Grazie.

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