LA LIBERTA’ E’ COME L’ARIA

di Giada Fazzalari

“Attendiamo con impazienza un mondo fondato su quattro essenziali libertà umane. La prima è la libertà di parola e di espressione – ovunque nel mondo”. Nell’indicare al mondo libero, e di lì al mondo intero, le libertà come snodo fondamentale dei rapporti sociali tra individui, tra comunità e tra nazioni, Franklin Roosevelt metteva quella di espressione come prima tra le quattro libertà fondamentali. Ed è chiaro che la libertà di esprimere le proprie convinzioni ha come pilastro indispensabile la garanzia che ciò che ciascuno dice possa essere liberamente raccontato. Ecco perché la libertà di stampa equivale alla libertà di ciascuno di noi: la libertà di conoscere e far conoscere, di informare e di essere informati. L’efficace espressione di Calamandrei “La libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare” fa riflettere su un aspetto importante della difesa di tutto ciò che garantisce la circolazione vera dell’informazione: l’aria può anche venire a mancare poco alla volta, in modo da farti accorgere della sua perdita quando è troppo tardi. Come la rana bollita di Chomsky, un principio caro all’indimenticato ex direttore di questo giornale, Ugo Intini: se gettate una rana in un pentolone di acqua bollente, questa salterà subito fuori per salvarsi. Se la immergerete in acqua fredda, con il fuoco acceso ma timido, l’acqua si riscalderà piano piano: la rana si stancherà, poi si indebolirà, e ancora sopporterà, ma senza far nulla. Fin quando morirà lentamente ma inesorabilmente. Una libertà, insomma, sottratta senza traumi. E senza consapevolezza. I dati sulla libertà di stampa, di espressione, di informazione, sono sempre più allarmanti, se anche il Paese in cui il discorso delle libertà fu offerto al mondo, gli Stati Uniti d’America, è precipitato, nella classifica di Reporter sans frontières, di oltre vent’otto posti. Una classifica che vede il nostro Paese retrocedere ulteriormente raggiungendo il 46° posto. L’espansione mondiale del dominio finanziario globale, dopo il crollo sovietico, ha posto i valori occidentali di affermazione, diffusione e difesa delle libertà in seconda linea rispetto agli interessi della grande ricchezza, e la libertà di stampa paga il prezzo di società dominate dall’insofferenza verso il pensiero, la critica, il dissenso. Diminuiscono le misure a tutela dei giornalisti, sempre più reporter vengono intimiditi, minacciati, sono oggetto di querele, vengono spiati – e il caso Paragon che ha coinvolto il direttore di Fanpage Francesco Cancellato è emblematico. In troppe parti del mondo si sterminano i giornalisti: oltre duecento solo nella striscia di Gaza in meno di due anni. Più giornalisti che in tutte le guerre mondiali, in Vietnam, nei Balcani e in Afghasnistan messi insieme. E in tutto il mondo cosiddetto civile non ci si indigna più, avvolti da una sorta di congiura del silenzio. C’è la Palestina, ma ci sono anche altri scenari di guerra che, nel mondo vedono giornalisti perdere la vita, come l’Ucraina. L’aria ci è stata progressivamente rarefatta, e noi ce ne accorgiamo solo quando non respiriamo più. Se vogliamo riconquistarla, bisogna ricominciare a praticarla ogni giorno. Perché non è un bene inesauribile.

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