di Andrea Follini
Come sta la libertà di stampa nel mondo e nel nostro Paese? Il report annuale pubblicato dall’associazione Reporter Senza Frontiere non disegna un quadro soddisfacente; la possibilità per i cittadini di essere informati in modo libero e completo, è sempre più messo a rischio. Ne abbiamo parlato con Beppe Giulietti, giornalsita e coordinatore dell’associazione “Articolo 21, liberi di…”
Il 3 maggio è stata la giornata internazionale per la libertà di stampa. Il quadro internazionale che emerge dal rapporto di Reporter Senza Frontiere non è felice; tanti i giornalisti morti, o incarcerati in tante parti del mondo perché scomode le loro inchieste.
«È una situazione che è ormai così da anni. Con Trump è cambiato tutto. Il sovranismo, elemento di novità assoluto, viene troppo sottovalutato. Oggi è imperante una rivendicazione del diritto alla falsificazione. C’è l’idea pericolosa che chi è eletto non deve esser giudicato, né dai giudici né dal contesto sociale, perché, come nel medioevo, chi è eletto risponde solo ad un dio. Questo va detto in premessa perché molti faticano a capire questo concetto. Non è più l’analisi del giornalista di sinistra; non c’è più lo scontro tra i rossi e i neri. Chiunque voglia esercitare il controllo sulla stampa, può essere anche la persona più moderata, nel mio universo diventa un nemico. E questo riguarda gli Stati Uniti, riguarda la Russia, l’Egitto, la Libia, l’Italia…è un atteggiamento molto diffuso. Poi una sottolineatura: che quello dei Reporter Sans Frontiere è l’ultimo di cinque rapporti pubblicati quest’anno sul tema. Ed è importante fermarsi alle fonti: il Consiglio d’Europa ha una piattaforma che raccoglie tutte le minacce ai colleghi. In questa piattaforma l’Italia si colloca già al quinto posto per numero di giornalisti minacciati. E al primo posto per numero di querele bavaglio lanciate dal governo verso scrittori, giornalisti, autori, disegnatori. Siamo al pari con l’Ungheria. La Commissione europea, nella relazione sullo stato di diritto, sanziona l’Italia dicendo che non rispetta le norme sulle carceri; poi fa un breve passaggio sulla giustizia. Infine sull’informazione, segnala l’Italia per non aver mai adeguato le norme in materia di nomina della governance Rai, che dipende dall’Esecutivo, per non aver mai corretto le norme sulle querele bavaglio, per non aver intensificato la tutela delle fonti, pensa a tutto il capitolo spioni/spiati che è la vera grande emergenza italiana in questo momento».
Come il caso Pellegrino, l’ultimo dopo Cancellato…
«Come il caso Pellegrino, e il caso Cancellato. Poi ci sono dei casi da tutti noi dimenticati; giornalisti che indagavano sul traffico con la Libia al porto di Catania, giornalisti intercettati “a strascico”, chi ci ha messo noticine….Tutte cose che incidono sullo stato di diritto, che l’Italia non ha mai rispettato. Insieme all’Ungheria. La Commissione europea, subito dopo il voto sul European Media Freedom Act, ha risegnalato all’Italia, l’8 agosto, di adeguare le norme sulla tutela delle fonti, le norme sulle querele bavaglio. Tutte le decisioni del governo italiano sono state fatte con le vecchie regole e quindi in contrasto con le raccomandazioni del Media Freedom Act. Tutto questo per dirti che ormai non c’è neanche più da polemizzare».
Una situazione che deve continuare però ad essere denunciata.
«Si. Sulla libertà di stampa ci sono quattro cinque rapporti che, negli anni, confermano un trend di peggioramento nel mondo, soprattutto dopo la vittoria delle frange estreme del sovranismo, che si chiamino Putin o Trump a me poco importa. Sono tutti signori che hanno schifo della libertà di informazione. È l’odio per il pensiero libero che li accomuna. Con cinque rapporti che confermano tutto questo, che vuoi dibattere? O le forze politiche di opposizione si rendono conto che c’è un drammatico problema che si chiama “pensiero critico”, che verrà aggravato dal decreto sicurezza, e sono capaci di mettersi insieme, senza gelosie, e porre centrale il ripristino delle regole che sono premessa del regolare esercizio democratico, quindi di corretta applicazione della Costituzione, o sai, possiamo continuare, anche come Articolo 21, a fare le nostre manifestazioni, ma finché il tema non viene assunto come grande tema unitario da tutte le forze politiche, non si farà nessun passo avanti ma solo tanti passi indietro».
Pensiamo ad un giovane o ad una giovane che si vogliano avvicinare alla professione del giornalista. Cosa ti senti di dire loro?
«Io non dirò mai ai ragazzi che si avvicinano a questo mestiere “andate a casa”; oppure “che fortuna abbiamo avuto noi, voi fate un altro mestiere”, perché credo che tentare di ricercare la verità e la giustizia sia una delle cose più belle che possa capitare. E io vedo tanti ragazzi e ragazze giovani mal pagati, che non vogliono mollare. Credo che dobbiamo in tutti i modi incoraggiarli; non con una pacca sulla spalla. Ma facendo in modo che le istituzioni, le associazioni dei giornalisti, ma anche le forze politiche e sociali che hanno a cuore la Costituzione, si mettano a loro disposizione, specie quando, attraverso le querele bavaglio, si tenta di intimidirli. Queste ragazze e ragazzi spesso vengono abbandonati di fronte ai loro persecutori, non si deve farli sentire soli. E un’altra cosa molto concreta è chiedere in Parlamento che finalmente si dia applicazione alla legge sull’equo compenso, che l’Italia ha già, ma non ha mai applicato. Il rischio è di mettere i giornalisti in una condizione di sfruttamento. E pensa a quanto si mette a rischio il diritto dei cittadini di essere informati. Comunque, molte delle inchieste che abbiamo letto, che hanno penetrato l’oscurità, sono venute da ragazzi che lavorano in coraggiosissimi siti e questo vuol dire che nonostante tutto ciò che abbiamo descritto, c’è ancora una forte passione civile. Che dobbiamo sostenere».