Guerra perpetua o pace

di Bobo Craxi

Il filosofo Kant, più di duecento anni orsono, si prodigava in un trattato filosofico dal titolo assai impegnativo che evocava la “pace perpetua” come progetto utopico per le nazioni ma soprattutto non come aspirazione di mera fratellanza fra i popoli ma un’esigenza razionale e un dovere concreto per ogni essere umano, raggiungibile solo attraverso l’istituzione di un diritto internazionale. Fu due secoli più tardi che la comunità internazionale in parte si ispirò agli auspici kantiani istituendo la Società delle Nazioni e le conseguenti regole del Diritto che ne regolano i rapporti, persino codificando i comportamenti bellici. I conflitti a cui stiamo assistendo in questi due anni possiamo dire abbiano per ragioni diverse ed in diversi casi disatteso o per meglio dire calpestato ripetutamente queste regole sottoscritte in Comunità, tanto è vero che la “linea rossa” della disumanizzazione di questi conflitti lascia sgomenti le opinioni pubbliche di tutto il mondo, insomma tutti i cittadini. I comportamenti bellici sovente sono sorretti dallo scudo di una presupposta ragione, il pacifismo in senso nobile del termine non ha mai prevalso e semmai si è rinnovato il dilemma sulla cosiddetta Guerra Ingiusta che verrebbe sovrastata da una cosiddetta “guerra giusta”. Ne parlava persino Agostino (oggi ritornato agli onori degli studi e delle cronache) che non aveva dubbi in cuor suo sul fatto che la romanità cristianizzata avesse ragione e i barbari torto. Ma questa consapevolezza rischiava però di trasformare la sua idea di guerra giusta in un analogo di quel che abbiamo chiamato crociata o guerra santa. Quest’ultimo elemento niente affatto dissimile dalle ragioni che spesso si intendono dai contendenti di oggi, cristiani i primi ed entrambi ortodossi ed ebrei e musulmani i secondi. Guerre territoriali o guerre di espansione che spesso si trincerano dietro il concetto di “giusto” o di sacro specie quando si difende la conquista della “terra promessa” (s’intende promessa da Dio). Ora che le cose sul terreno si sono complicate maledettamente, all’ipotesi kantiana di “pace perpetua” si è sostituita la condizione paralizzante di “guerra perpetua”, l’anomalia del conflitto in Ucraina ed in Terrasanta è data dall’indefinita strategia che perseguono le due potenze militari nucleari oggi prevalenti, la Russia ed Israele, sovrastanti sul piano militare ma attualmente bloccati in un’impasse. Da una parte i russi che già erano arrivati alle porte della capitale Kiev hanno registrato l’assenza di consenso per la loro presenza da parte degli abitanti, ed hanno quindi proseguito in un’opera di distruzione sistematica senza individuare l’obiettivo necessario per decretare la fine del conflitto. Netanyahu che è entrato in guerra per liberare gli ostaggi frutto dello scellerato raid del 7 ottobre, si è praticamente ritrovato nella medesima condizione degli americani in Vietnam, superiore per armamenti ed organizzazione ma incapace di prevalere su una forza di resistenza in superficie e nel sottosuolo della Striscia di Gaza, mentre oramai l’opinione pubblica mondiale ha già condannato la violenza con cui sono stati falciati e umiliati i civili palestinesi loro malgrado ostaggi di una doppia fazione fanatica. La guerra può essere “lampo” perché porta a termine i suoi obiettivi in un tempo breve, può essere giusta, quando è animata dalla difesa del proprio territorio, della propria sovranità nazionale, del proprio popolo eppoi può essere “perpetua” ovvero senza sbocco, senza strategia, senza vincitori e con la sconfitta generalizzata dell’umanità, quella che si combatte in armi e quella che assiste impotente ed incapace di fare cessare i conflitti.

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