Disobbedienza civile per salvare vite in mare

di Alessandro Silvestri

È lecito disubbidire ad una disposizione ministeriale, poi tramutata in discutibile legge, per salvare vite umane? Secondo il “decreto Piantedosi” (Legge 15/2023) le Ong presenti nel Mediterraneo che svolgono operazioni umanitarie di soccorso non ottemperanti alle disposizioni in questione, sono passive di sanzioni, dal fermo amministrativo della nave con multe salate, alla denuncia penale per il comandante e la società armatrice. Ma quelli della Mediterranea Saving Humans (Unica Ong tutta italiana in attività dall’ottobre 2018), che hanno raccolto al largo della Libia mercoledì 20 agosto, dieci naufraghi, tra i quali tre minori, gettati a mare dalle milizie libiche, se ne sono infischiati e invece di raggiungere la destinazione assegnata loro dal Viminale, il porto di Genova, si sono diretti e hanno attraccato a quello di Trapani. Impensabile per loro percorrere ancora oltre millecinquecento chilometri, altri quattro giorni di navigazione con mare forza quattro, con una emergenza di quel genere. «Ci prendiamo la piena responsabilità di questa scelta. La nostra prima preoccupazione sono le persone a bordo» hanno dichiarato il comandante Pavel Botica e il capo missione Beppe Caccia. Nel frattempo è scattato il provvedimento di blocco della nave che sarà costretta a rimanere ferma a Trapani non si sa per quanto tempo. Ci va giù duro la presidente della Ong, Laura Marmorale: «bloccano noi ma fanno accordi con chi spara sulle Ong». Ogni riferimento agli amici di Almasri, non è per niente casuale. Oltretutto le certificazioni del Germanischer Lloyd (il RINA tedesco) Stato di bandiera della MSH, impongono alle loro navi di non superare le duecento miglia dal luogo della raccolta in mare di superstiti di naufragio, o su imbarcazioni e natanti in evidente difficoltà. Pena sanzioni per il comandante e per la società armatrice, proprio in funzione della salvaguardia delle persone ospitate a bordo, ma non solo. Venendo meno ogni precauzione di quarantena, anche l’equipaggio rischia la salute, e sia il naviglio che il comandante, la licenza di navigazione. La Sos Méditerranée con ottantasette naufraghi a bordo, che avrebbe dovuto andare al porto di Carrara, si è invece diretta verso quello di Siracusa anche per via dei danni subiti dai mitragliamenti dei libici. Come accaduto anche alla Ocean Viking. La nave Ong Nadir è invece sbarcata a Lampedusa con sessanta profughi e altre tre persone raccolte già morte. Evidentemente la Guardia Costiera libica si sente autorizzata e protetta dal Governo italiano in questa sua nuova attività di “blocco navale” trasformato in battaglia navale conto terzi. Ma sbaglieremmo a pensare che il problema sia soltanto italiano, durante l’ultima settimana il soccorso marittimo spagnolo ha tratto in salvo 248 persone, tra cui due neonati e diversi bambini piccoli, che si trovavano a bordo di un caicco avvistato da una nave mercantile a circa 429 chilometri a sud di Gran Canaria. Il fatto che l’Italia non sia la Danimarca, rappresenta evidentemente un fattore geografico che determina una scelta obbligata per i migranti, i profughi e i disperati del continente africano e non solo, e allo stato attuale delle cose con i Paesi rivieraschi destabilizzati dal fondamentalismo e da certe scelte sbagliate dell’Occidente, sarà sempre molto difficile fermare i flussi, che viceversa vanno governati, ma non certo ricorrendo a leggi radicalmente sbagliate o a facili connivenze con le soldataglie varie del Maghreb orientale. Anche secondo la recente pronuncia della Corte Costituzionale, la 101/2025: “Non è vincolante un ordine che conduca a violare il primario ordine di salvataggio della vita umana e che sia idoneo a metterla a repentaglio e non ne può essere sanzionata l’inosservanza”. La Corte ha innanzitutto riconosciuto la natura penale e il carattere punitivo della disciplina al punto da rilevarne le incongruenze rispetto all’attività di soccorso. L’Italia deve dunque interrogarsi sulla necessità di una disciplina penale piuttosto che su una attività di reale coordinamento e collaborazione. Anche perché come sappiamo, (noi evidentemente, ma non i parlamentari della maggioranza di Governo, che quella legge hanno varato) ci sono anche delle precise norme internazionali da rispettare. Come ad esempio la Convenzione di Amburgo entrata in vigore nel 1985, ratificata inizialmente da quindici Stati tra i quali l’Italia, che ha stabilito tutta la normativa da adottare e gli enti preposti, nel settore del salvataggio marittimo. A tal proposito sempre l’alta Corte ha precisato: “Dopo avere ricostruito il quadro della normativa internazionale e l’importanza che il salvataggio si concluda in un porto sicuro in cui siano garantiti i diritti fondamentali delle persone nel più breve tempo possibile e senza gravosi oneri per il capitano” i giudici affermano chiaramente un principio che vale tanto più in collegamento con il divieto di respingimento di cui alla Convenzione di Ginevra e il divieto di tortura e trattamenti inumani, rispetto ai quali “non sono ammesse deroghe“. Insomma, ancora una volta, come ormai ci ha abituato questo Governo, che fa promesse non in grado di mantenere o effettivamente capaci di incidere realmente sui problemi, i fatti concreti si sono incaricati di svelare quanto siano inadeguati o persino illegali certi provvedimenti da imbonitori dediti alla propaganda fine a sé stessa, o al massimo da tik-tokers alla ricerca spasmodica di likes. E c’è da scommettere che questi primi episodi di disobbedienza civile nei confronti del gendarme Piantedosi, saranno destinati inevitabilmente ad aumentare nei prossimi mesi.

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