Dem Usa, pronostico Talarico: il nuovo Kennedy che difende gli esclusi e le miniranze

di Alessandro Silvestri

Stati Uniti. La mancata elezione di Kamala Harris ha lasciato un vuoto di leadership profondo nel partito democratico. La contemporanea uscita di scena di Joe Biden e della sua vice, hanno infatti segnato una rottura non solo con l’elettorato americano in generale, che ha finito per scegliere il peggior presidente degli ultimi cento anni. Ma anche con l’America liberal e progressista, ancora sotto shock per la tracotanza del trumpismo, e orfana di un punto di riferimento concreto e alternativo. Se non che un trentaseienne texano, ex seminarista presbiteriano, laureato ad Austin in Government, con master in politiche educative ad Harvard; eletto nel 2018 a 29 anni, per la prima volta nel Parlamento del suo Stato, il prossimo anno sarà con discrete probabilità, lo sfidante democratico per uno dei due seggi senatoriali del Texas, da circa 25 anni saldamente in mano repubblicana. Il 2026 è l’anno delle elezioni di midterm, dove si rinnova la Camera bassa al completo, un terzo del Senato e 36 governatori su 50. Un voto che è già di suo, tradizionalmente sfavorevole al presidente in carica. Nel 2022 ad esempio, con Biden alla Casa Bianca, i repubblicani conquistarono la maggioranza, pur se risicata, della House of Representatives. Ma chi è questo giovane politico, già ribattezzato dai dem texani “the rising star” ex insegnante di scuole pubbliche, che piace così tanto a studenti e lavoratori, a dipendenti pubblici e piccoli imprenditori, alle minoranze di vario genere, ma che sa parlare al cuore bianco e ancora sostanzialmente wasp, della middle class del profondo Sud? Si chiama James Talarico, ed è nato il 17 maggio del 1989 a Round Rock in Texas. Oltre ad essere un cristiano progressista, nipote di un pastore battista che cita spesso nei suoi discorsi, somiglia terribilmente, nei modi e nell’eloquio, e pure nel taglio dei capelli in stile anni ‘60, ai Kennedy. E il Dio di tutti sa quanto bisogno ci sarebbe di una nuova frontiera di pace, di progresso e di rilancio democratico negli Usa. Ma il suo cognome non tragga in inganno, non è di origini italiane, come lo è il padre adottivo Mark, che sposò sua madre Tamara Causey, quando James era ancora molto piccolo. Salì alle cronache nazionali nella scorsa legislatura quando si oppose al disegno di legge dei repubblicani di apporre i dieci comandamenti nelle scuole pubbliche del Texas, in base ai principi costituzionali di separazione tra Stato e Chiesa, che è poi l’architrave sul quale poggia il sistema democratico liberale. Il nazionalismo cristiano è un fenomeno che si è diffuso a macchia d’olio nell’ultimo decennio, ed è l’humus e la scusa della destra xenofoba che ha alimentato le frange estremiste del trumpismo, come gli assalitori del Campidoglio, ma anche gruppi come quel Turning Point Usa, di cui era leader Charlie Kirk. “Non c’è niente di cristiano nel nazionalismo cristiano […] questo movimento vorrebbe trasformare Gesù in un fascista armato, omofobo, negazionista della scienza, amante del denaro e seminatore di paure”. Così ne ha parlato Talarico, nei suoi public speach. Ultimamente è diventato virale il suo discorso sulle minoranze negli Usa: “Molti sostengono che i problemi di questo Paese siano le minoranze. Come i transgender che sono l’1% della popolazione; oppure i musulmani, ancora 1%, o gli immigrati senza documenti, altro 1%. Nessuno di questi ha tagliato i fondi per sanità o scuola pubblica, o regalato soldi ai suoi amici ricchi. Noi siamo concentrati sull’1% sbagliato! Il vero 1% che sta distruggendo l’America sono i miliardari e i loro politici/fantoccio. Il vero problema non è la destra contro la sinistra, ma l’alto verso il basso”. Ora, è abbastanza evidente che il linguaggio forte, chiaro e diretto che usa il deputato texano, riecheggia certi esponenti left del passato, di varie e diverse (o assenti) fedi religiose, come il reverendo Jackson, Noam Chomsky, il senatore Bernie Sanders, se non addirittura J.F. Kennedy e il fratello Bob, dei quali il “socialdemocratico” Arthur Schlesinger Jr. fu mentore e spin-doctor. Il mood di Talarico è gentile ed educato ma punta al cuore dei problemi, da insegnante e buon pastore che non si attarda in svolazzi retorici o sofismi, ma nella sostanza non si può dire di avere a che fare con una figura che a casa nostra diremmo di moderato. Non lo è per nulla, il suo messaggio in questa America di oggi, ferita a morte dal trumpismo, ha la forza dirompente di risvegliare coscienze e di attivare attenti ragionamenti di natura sociale e politica, sostenuto dalla forza rassicurante di quella fede che Talarico identifica con l’amore per il prossimo. E ce ne sarebbe bisogno ovunque nel mondo di questo amore che affratella. Il 9 settembre scorso ha annunciato dunque la sua candidatura per uno dei collegi senatoriali del Texas. Non sarà una impresa facile anche perché ha avversari forti a partire proprio dal partito democratico, come l’ex stella del football texano Colin Allred, deputato uscente. Noi dell’Avanti della domenica, tifiamo per lui senza se e senza ma. Vedremo l’anno prossimo cosa succederà, ma se James Talarico conquisterà il seggio senatoriale per i democratici, visto il potenziale di cui dispone, potrebbe nei due anni successivi, prendendo una bella rincorsa, conquistare le primarie democratiche e a 39 anni correre da sfidante (il più giovane della storia), di colui che sarà il candidato repubblicano. Scommettiamo i 5 dollari che servono a finanziare la sua campagna elettorale 2026?

 

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