Da Pertini a Matteotti e Craxi. La sindrome della parola “socialista”

di Francesco Di Lorenzi

La sindrome che da oltre trent’anni continua a contagiare gli esponenti politici di ogni schieramento è tornata inesorabilmente a colpire; si manifesta sempre con gli stessi sintomi, in particolare con l’impossibilità fisica di pronunciare una parola apparentemente semplice come “socialista”. L’ultimo in ordine di tempo a farne le spese è stato l’incolpevole Carlo Calenda che, nel lodevole tentativo di ricordare la figura di Sandro Pertini e la recente riapertura al pubblico della sua casa privata di Roma, ha pubblicato sui suoi canali social un video di circa due minuti dedicati al compagno Sandro. Immediatamente entrato in contatto con il subdolo virus è stato costretto per quasi centoventi secondi a non pronunciare mai la parola innominabile, così Pertini è stato un combattente, il Presidente più amato, un coraggioso, un uomo semplice, rigoroso, un amico di suo nonno e via discorrendo ma mai un socialista! La malattia, come sostengono gli esperti, colpisce indistintamente ad ogni latitudine politica ed infatti, per il venticinquesimo anniversario della morte del leader socialista Bettino Craxi, ha contagiato molti esponenti del centro-destra con una forma particolarmente virulenta tanto che abbiamo assistito, sgomenti, a veri e propri deliri febbrili sul sovranista ante litteram, sul patriota e nazionalista italiano ed altre amenità del genere, senza mezza parola sulla sua reale identità di leader e di protagonista del socialismo europeo ed internazionale. La sindrome, tuttavia, è assolutamente democratica e così per il centenario del sacrificio di Giacomo Matteotti ha colpito in maniera significativa anche molti esponenti del centro-sinistra, pronti a trovare qualsiasi definizione per il segretario del Psu, da democratico ad antifascista, da liberale a riformista, ma mai e poi mai socialista! Stessa sorte era capitata ad uno dei firmatari del manifesto di Ventotene, Eugenio Colorni e, più recentemente, al sindacalista Bruno Buozzi. Tutti da celebrare, tutti da difendere a spada tratta ma guai a ricordare quell’odioso peccato di essere stati dei socialisti. Scriviamo di questi episodi con il sorriso sulle labbra e senza polemica, con la leggerezza che il periodo sacro delle “Feriae Augusti” impone ma anche con l’amara consapevolezza che la strada per la riaffermazione della verità storica sul ruolo dei socialisti in questa nazione è ancora lunga ed irta di ostacoli e che le conseguenze del golpe politico giudiziario del 1992 continuano, purtroppo, a produrre molti frutti avvelenati. Su una cosa però vogliamo essere tremendamente seri, ossia che il nostro impegno e la nostra presenza non verrà mai meno. E lo faremo perché il socialismo riformista e democratico e l’Italia sono indissolubilmente legati da pagine di storia che si intrecciano di continuo e che nessun negazionismo potrà cancellare. Proprio nei giorni in cui ricorre il centotrentatreesimo anniversario della nascita del più antico partito della sinistra italiana, nato a Genova il 14 agosto del 1892, rivendichiamo tutto l’orgoglio della nostra storia, proiettandola nel futuro attraverso l’impegno quotidiano dei militanti e degli amministratori del Psi di oggi. I socialisti italiani erano in prima fila nel rivendicare pane, lavoro e dignità quando lo stato rispondeva con i cannoni di Bava Beccaris; c’erano quando urlavano la loro contrarietà contro una guerra fratricida tra europei, quando c’era da imbracciare le armi per contribuire al ritorno della libertà e della democrazia durante la lunga notte dei totalitarismi. Erano il primo partito della sinistra alle elezioni per l’assemblea costituente, fornendo un contributo fondamentale nella stesura e nei valori fondamentali espressi dalla nostra stupenda Costituzione; c’erano negli anni sessanta quando si sono assunti responsabilità di governo per contribuire a costruire un Paese più giusto, più libero e socialmente avanzato; c’erano in tutte le battaglie per l’estensione dei diritti civili e c’erano nella grande stagione di modernizzazione e sviluppo degli anni ottanta. Ci sono anche oggi e ci saranno in futuro perché gli uomini, le donne e i protagonisti del socialismo italiano sono parte fondamentale delle nostre vicende nazionali. Un ultimo consiglio e una buona notizia per chi ha contratto, consapevolmente o meno, la sindrome: basta la lettura un buon libro di storia sotto l’ombrellone per guarire e scoprire che “socialista” in Italia è sinonimo di libertà, democrazia, giustizia sociale, progresso e diritti.

 

Ti potrebbero interessare