di Stefano Amoroso
Il Sud ha sete, e la crisi idrica in atto è gravissima. Nonostante se ne parli poco sulle cronache nazionali. Al giro di boa del primo semestre, dopo la grave siccità e le elevate temperature della prima parte dell’anno, era già chiaro che il 2025 sarebbe stato ancora peggiore del 2024, anno in cui fu dichiarato lo stato di calamità naturale per il Mezzogiorno d’Italia. In particolare, la Puglia soffre un deficit di circa ottocento milioni di metri cubi d’acqua, con le riserve nel territorio della Capitanata, in provincia di Foggia, dimezzate rispetto allo stesso periodo del 2024. In Sicilia, Basilicata e Calabria, gli invasi ed i bacini primari presentano portate ben al di sotto della media stagionale, aggravando la disponibilità delle risorse potabili ed irrigue. Le conseguenze, come si può immaginare, sono gravissime: la produzione agricola è in diminuzione ovunque e sono a rischio migliaia di allevamenti, con un numero impressionante di mandrie abbattute ed aziende agricole chiuse. Poi ci sono, inevitabilmente, i posti di lavoro persi: oltre trentatremila nel settore agricolo, solo al Sud, nel 2024. Ed il 2025 si preannuncia ancora peggiore. In queste condizioni, i razionamenti d’acqua ed i tagli programmati sono all’ordine del giorno, ma non possono risolvere il problema. Sulle carenze del sistema idrico italiano, ed in particolare meridionale, sono state scritte pagine e pagine, tanto che non vale neanche più la pena di soffermarvisi. E tuttavia, se perfino la Puglia, che ha investito molte risorse sull’ammodernamento della propria rete idrica, soffre così tanto, vuol dire che il problema principale, ormai, non è più neanche questo. Certamente, non è l’unico. L’abusivismo edilizio, il disboscamento selvaggio e senza criterio, la cementificazione insensata e la carenza di strutture per la raccolta e la conservazione dell’acqua, sono tutti corresponsabili dell’attuale situazione, almeno quanto i buchi negli acquedotti. A questo bisogna aggiungere, poi, il gravissimo problema degli scarichi abusivi e dell’inquinamento delle falde acquifere, che rende inutilizzabili grandi risorse idriche. Esemplare, da questo punto di vista, quello che succede in Basilicata: in una Regione ricca d’acqua, tanto da essere definita la “cassaforte idrica del Sud”, che fornisce acqua a Campania e Puglia, a restare con l’acqua potabile razionata sono stati proprio i cittadini lucani. Come mai? Oltre alla siccità ed alle reti colabrodo, ci sono altri fattori. Per esempio, molti invasi sono privi di strutture che consentano di evitare l’accumulo dei sedimenti, e così, col passare del tempo, sul fondo dei bacini si forma uno spesso strato di fango che riduce la disponibilità d’acqua potabile o per usi agricoli. Inoltre, l’uso intensivo di acqua irrigua grava su sorgenti ed invasi già in sofferenza. Il colpo di grazia, infine, lo dà una gestione frammentata e litigiosa dell’acqua, che ha spezzettato gl’interventi ed ha impedito, per esempio, di contrastare efficacemente il triste fenomeno degli scarichi abusivi. Nel Sud assetato, così, fioriscono le guerre per l’acqua. La Puglia e la Campania, i due giganti assetati del Sud, cercano acqua dai piccoli vicini, ricchi d’acqua ma scarsamente popolati: Molise e Basilicata. Ma questi reagiscono, come hanno cominciato a fare i molisani all’ipotesi di trasferire alla provincia di Foggia un’ulteriore considerevole quota delle proprie risorse idriche, con il concreto rischio di restare a loro volta senza l’indispensabile oro blu. Sarebbe il caso, invece, di fermarsi a riflettere e riprogrammare tutto, dalle reti ai bacini idrici, dalla gestione tecnica alle politiche agricole. Bisognerebbe investire di più, per esempio, su coltivazioni agricole che richiedano meno acqua, e si dovrebbe fare meno ricorso a sistemi d’irrigazione vecchi e dispersivi. Poi si dovrebbe contrastare in modo più efficace la cementificazione e l’abusivismo edilizio, che rendono il suolo più impermeabile e meno capace di assorbire acqua. Soprattutto, però, ci vorrebbe una lungimirante gestione politica che parta dal Governo centrale e che s’irradi fino alle più sperdute periferie. Dopo tanti anni di dibattiti, polemiche ed ostruzionismo politico, nel mese di aprile 2024 è diventata operativa la società Acque del Sud Spa, partecipata al 100% dal Mef, che ha sostituito la fallimentare società che la precedeva. Finora la dirigenza si è concentrata sulla riorganizzazione della società e la sistemazione dei conti: è auspicabile che cominci al più presto a lavorare per fornire acqua al Sud ed ai suoi assetati cittadini.



