di Francesco Di Lorenzi
Le ultime terribili settimane, sospese tra flebili speranze di pace, guerre, distruzione ed una mobilitazione internazionale come non si vedeva da decenni, ci restituiscono coordinate politiche che sembravano ormai consegnate alla storia, fagocitate in maniera irreversibile dal dilagare di nuovi e vecchi autoritarismi, dal definitivo crollo delle ideologie e, soprattutto, dall’enorme crisi di rappresentanza in atto ad ogni latitudine del cosiddetto occidente. Invece no; destra e sinistra ancora esistono eccome, mobilitano e dividono le piazze e la società come in epoche pre-rivoluzione tecnologica, ovviamente con tutto il loro pesante carico di contraddizioni, di elementi positivi e negativi. C’era sicuramente tanta sinistra nelle bellissime piazze piene di giovani a favore del popolo palestinese e contro la barbarie dell’aggressione israeliana; c’era tanta destra nel disgustoso discorso di Trump alla Knesset, infarcito della peggiore retorica guerrafondaia, pieno di vanto per la potenza distruttiva del proprio arsenale bellico mentre sotto le macerie di Gaza ancora giacevano inermi migliaia di corpi innocenti. Una barbarie del linguaggio come non accadeva dagli anni più bui della storia mondiale, quella dei totalitarismi novecenteschi, un vero e proprio panegirico della cultura del più forte, altro che premio Nobel per la pace! C’era tanta sinistra in quello sventolare con orgoglio e passione “bandiere” non negoziabili e non delegabili come la pace ed il diritto all’autodeterminazione dei popoli, in Palestina come nel resto del mondo e ovunque sia calpestata la dignità umana. C’era ancora tanta destra nelle vergognose frasi di Mario Sechi, direttore di Libero, che pur di non contraddire i suoi nuovi miti d’oltreoceano ha dichiarato con nonchalance che: “Pallywood racconta menzogne. A Gaza non ne ho visti tanti dimagriti…mi pare che le prove siano là a parlare” o in quelle della ministra Roccella che ha definito “gite” quelle ad Auschwitz, “finalizzate a sottolineare l’esclusiva responsabilità del fascismo nell’antisemitismo”. Non perché la destra sia neofascista o negazionista ma perché con il suo linguaggio divisivo e le sue semplificazioni ideologiche tra buoni e cattivi (sempre gli altri) finisce per essere caricaturale e per esporsi a figure indegne di questo tipo. Non ci sfuggono, ovviamente, gli sfondoni altrettanto gravi di una Francesca Albanese e dei suoi epigoni, di chi definisce “cortigiana” un Presidente del Consiglio donna chiedendo rispetto sempre e solo agli avversari politici o di chi, in un contesto internazionale come quello del congresso del partito del socialismo europeo, ha associato il vergognoso e pericoloso attentato subito da Sigfrido Ranucci alle “politiche di un governo di estrema destra che limita libertà e democrazia”. È questa la faccia negativa di questa nuova dicotomia destra sinistra, in cui si radicalizzano parole e contenuti a discapito dei fatti oggettivi, delle possibili soluzioni e del rispetto delle posizioni altrui. Per questo, oggi, la presenza forte ed organizzata dei socialisti italiani assume un ruolo sempre più importante e centrale. Destra e sinistra esistono ancora e, piaccia o meno, continueranno ad essere il naturale terreno di confronto politico nei prossimi decenni; noi che apparteniamo da sempre al fronte dei democratici e dei progressisti sappiamo sicuramente bene da che parte stare ma la nostra sfida futura sarà proprio quella di far prevalere le istanze riformiste, anche nella radicalità delle proposte e delle soluzioni, e di offrire uno sbocco politico e di governo ad un’energia positiva che non possiamo permetterci di disperdere. Lo spettro dell’astensionismo, dell’antipolitica e delle tentazioni autocratiche si aggira pericolosamente per l’Europa e noi abbiamo il dovere politico e morale di combatterlo con tutte le nostre forze perché dobbiamo delle risposte a quei giovani entusiasti e belli che, siatene certi, non ci daranno molte altre possibilità.



