di Lorenzo Cinquepalmi
La lezione del “tutto cambi perché tutto rimanga com’era” trova una nuova attualità, incarnata da Trump che porta un sostanziale soccorso a Netanyahu, all’angolo dopo l’imbarazzante performance davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Col solito tono tracotante, il presidente Usa ha tirato fuori dal cilindro un improbabile piano di pace che sembra fatto apposta per sviare l’attenzione mondiale dalla strage a Gaza, permettere al primo ministro israeliano di mostrare al mondo che aderisce alla mediazione americana, e ribaltare su Hamas la responsabilità dell’inevitabile fallimento di un’operazione la cui accettazione, per la leadership gazawita equivarrebbe al suicidio, non solo politico. In questo piano trumpiano restano sullo sfondo, come comprimari, gli Stati arabi medio-orientali, un cui ruolo di primo piano sarebbe stato l’unico modo per offrire ai leader di Hamas una via d’uscita accettabile, ma soprattutto resta completamente obliterata la sorte dei palestinesi di Gaza, per i quali non è immaginata alcuna forma di partecipazione alla costruzione del loro destino. Ecco perché il piano Trump è un’operazione gattopardesca, alla fine dalla quale Netanyahu, alleggerito della pressione internazionale e rivestito con le vesti di colui che aveva aderito a un piano di pace, riprenderà, come del resto ha già dichiarato, il lavoro di annientamento dei gazawi in corso da due anni, per la soddisfazione della sua base elettorale sostanzialmente fascista. L’iniziativa, anche sul fronte interno israeliano, depotenzia fortemente l’opposizione, il cui fulcro è il destino degli ostaggi che, con l’operazione gattopardo, resta precario come prima se non di più, ma dissimulato dietro al velo della volontà apparente di ottenerne la liberazione grazie a un piano di pace ancorché inaccettabile per i sequestratori, a cui si chiede una capitolazione quando si ritengono non ancora battuti. La sconfitta militare richiederà ancora decine di migliaia di vittime, strage che equivale alla costituzione di un serbatoio inesauribile di nuovi terroristi. Altro che Nobel per la pace. Per dare un premio a Donald e Bibi occorrerebbe intitolarne uno al cinismo di Stalin, incrociato alla crudeltà di Pol Pot. Che poi sia stato un ex leader socialista come Tony Blair a fare il maquillage di questa robaccia, per chi socialista lo è per davvero, è solo una nota di tristezza in più.



