di Alessandro Silvestri
I principali conflitti in atto in Ucraina e Medio Oriente, se da un lato monopolizzano il settore dell’informazione, dall’altro, distolgono l’attenzione dell’opinione pubblica, da altre decine di conflitti disseminati per il mondo, da tragedie grandi e piccole che accadono ogni giorno, e che per molte ragioni anche pratiche, non godono dei riflettori dei media, se non al massimo, nei brevi trafiletti ripresi dalle agenzie. Quella che vi raccontiamo oggi, è la vicenda di un’intellettuale e scrittore franco-algerino settantaseienne, malato di cancro, che è stato arrestato dalle autorità algerine nel novembre dell’anno scorso al suo rientro da Parigi, e dovrà scontare cinque anni di carcere, per reati di opinione. Boualem Sansal è nato nel 1949 in un villaggio dell’Atlante algerino, da sempre attivista per i diritti civili, noto per le sue critiche contro le religioni e i sistemi dittatoriali e teocratici. Ingegnere, è stato un alto funzionario del ministero dell’Industria algerino, allontanato nel 2003 per i suoi scritti e posizioni politiche. All’attivo ha numerosi volumi, da “Le serment dés barbares” pubblicato nel 1999 da Gallimard, fino a “Lettre d’amitié, de respect et de mise en garde aux peuples et aux nations de la terre” del 2021. Vincitore del Grand Prix du roman de l’Académie française nel 2015, per il suo romanzo “2084: La fine del mondo”. E proprio a causa del suo atteggiamento di intolleranza nei confronti degli intolleranti, il noto paradosso elaborato da Karl Popper, nel 2012 gli fu rifiutato il Prix du Roman Arabe, per aver partecipato al Festival degli scrittori di Gerusalemme, su pressione di alcuni diplomatici arabi legati al fondamentalismo di Hamas. Un episodio che suscitò un moto di indignazione internazionale e le dimissioni dal bureau del Prix, del noto intellettuale e diplomatico francese, Olivier Poivre d’Arvor. In Italia è pubblicato dalla casa editrice Neri Pozza. In questi giorni si è tornati a parlare della vicenda del dissidente “gauchiste”, per via del fatto che Sansal non figurava tra le migliaia di persone graziate dal presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune, venerdì 4 luglio, alla vigilia della Festa dell’Indipendenza del Paese, e non c’è stato nemmeno alcun segno di una grazia imminente durante questa settimana. I suoi familiari hanno sottolineano che è “trattato bene”, e sperano comunque che ottenga una “grazia umanitaria personale”. Condannato in appello a cinque anni di carcere dai tribunali algerini, lo scrittore franco-algerino non ricorrerà in cassazione, come riportato dalla France-Presse. “Ciò significa che la condanna è definitiva. Inoltre, dato lo stato del sistema giudiziario in Algeria, Sansal non ha alcuna possibilità di ottenere una riqualificazione del suo reato”, ha dichiarato la presidente del comitato internazionale che lo sostiene, Noëlle Lenoir, alla radio pubblica francese France Inter. Lo stesso presidente Macron, ha scritto al suo omologo algerino, ma senza esito alcuno. Ma per cosa è stato condannato l’anziano scrittore? Il casus belli con la presidenza algerina, nasce all’indomani di una intervista rilasciata nell’ottobre 2024 al media di estrema destra francese “Frontieres” relativamente ad un abuso territoriale nei confronti del Marocco, avvenuto al momento dell’indipendenza dalla Francia nel luglio del 1962, dopo otto anni di guerra. Oltretutto esistono conferme storiografiche precise a conforto delle sue dichiarazioni: “Quando la Francia colonizzò l’Algeria, tutta la parte occidentale dell’Algeria faceva parte del Marocco: Tlemcen, Orano e persino il Mascara”. Ciononostante, argomenti non sufficienti (ovvero estremamente irritanti per il governo algerino) per evitargli la condanna per “attentato all’unità nazionale”. Ma gli strali degli organi governativi sono stati molto più pesanti, accusandolo di essere islamofobo, sionista, al soldo del Marocco e dei poteri occidentali, in puro stile talebano. In verità l’allora nuovo sovrano del Marocco, Hassan II, tentò di riappropriarsi dei territori sottratti nell’autunno del 1963, in quella che venne definita “Guerra della sabbia” ma essendo ancora traballante il suo potere interno (e lo sarà almeno fino agli anni ‘70), capitolò ben presto alle truppe del FLN algerino. Naturalmente, ça va sans dire, anche in Marocco le dichiarazioni di Sansal, hanno avuto una notevole eco, dividendo opinione pubblica e politica, anche se a livello istituzionale, dal governo fino alle università, la parola d’ordine è stata minimizzare. Le controversie ancora aperte tra i due Paesi del Maghreb, sono in realtà molto sentite nel regno di Mohammed VI: dalla questione territoriale alle accuse di ingerenze algerine sulla rinascita del fondamentalismo islamico degli anni passati, che causò una serie di attentati, fino alle accuse di finanziamento del Fronte Polisario a Sud del Paese. Fonti diplomatiche francesi classificano le tensioni tra i due Paesi, per il momento a “bassa intensità” ma le posizioni politiche di Parigi in favore del Marocco sono aumentate nell’ultimo anno sia da parte del governo che delle opposizioni di destra, e non si possono escludere ulteriori sviluppi di criticità nei rapporti tra i due stati. Dal nostro giornale lanciamo un appello per la scarcerazione di Boualem Sansal. Per accendere un faro sulla sua vicenda non ascrivibile solo a motivi umanitari ma a quelli che riguardano la libertà di espressione. Ogni scrittore deve essere libero di esprimere le proprie opinioni e Sansal paga il suo impegno della denuncia dell’autoritarismo e dei regimi teocratici. Un uomo coraggioso e controcorrente che non ha mai avuto timore di toccare i fili scoperti e le contraddizioni che dalle primavere arabe del dopoguerra, hanno portato i Paesi affacciati sul Mediterraneo, alle recrudescenze fondamentaliste e occidentalofobiche.