di Rocco Romeo
Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale è assorbita dalle schermaglie geopolitiche tra Iran, Israele e Stati Uniti, e mentre le cancellerie mondiali si affannano a leggere tra le righe delle minacce incrociate e dei negoziati sotto traccia, a Gaza si consuma ogni giorno un dramma umano che rischia di sprofondare nell’indifferenza. A oltre un anno ed otto mesi dall’inizio delle ostilità, il bilancio è catastrofico. Migliaia di civili palestinesi continuano a morire sotto le bombe, per le ferite non curate, per la fame. Le immagini che giungono dalla Striscia mostrano file interminabili di persone in attesa di cibo, acqua, medicinali. E spesso, anche queste attese si trasformano in carneficine: colpi sparati sulle folle, disperse da raffiche improvvise, in un clima di terrore senza scampo. In questi giorni, Israele ha nuovamente bloccato l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Non è la prima volta. Ma ogni volta il prezzo lo pagano i più fragili: i bambini, gli anziani, le donne. Secondo le Nazioni Unite, la crisi alimentare a Gaza ha ormai raggiunto livelli di carestia: “Una condizione umanitaria insostenibile – ha dichiarato un portavoce dell’Ocha, l’Ufficio Onu per gli affari umanitari – che si aggrava di ora in ora”. Eppure, le voci internazionali si fanno sempre più flebili. Le pressioni diplomatiche si sono affievolite, i media mainstream sembrano aver abbassato il volume. Il conflitto israelo-palestinese, che per decenni ha animato dibattiti e proteste globali, oggi pare relegato a una triste marginalità, surclassato da altri scenari e altri interessi. Non si tratta di negare la complessità della questione mediorientale, né di ignorare le responsabilità multiple di un conflitto che ha radici profonde e dolorose. Ma non si può nemmeno accettare che la morte lenta e quotidiana di un popolo intero diventi una nota a piè di pagina nella cronaca internazionale. A Gaza non si muore solo per la guerra. Si muore di fame, di sete, di abbandono. Si muore perché il mondo ha deciso che altrove c’è qualcosa di più importante da guardare. E invece no. L’Avanti! della domenica sceglie di non distogliere lo sguardo. Perché la giustizia non è a geometria variabile. Perché la solidarietà non conosce frontiere. Perché nessun popolo può essere lasciato solo sotto le macerie, nell’oscurità e nel silenzio. Non si può parlare di pace globale senza affrontare, con onestà e coraggio, l’urgenza umanitaria e politica della questione palestinese. Gaza non è un’ombra nel passato, è una ferita nel presente. E merita – almeno – di essere guardata negli occhi.