di Giada Fazzalari
Marco Cappato, attivista di lungo corso, è il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, promotore di numerose azioni di disobbedienza civile per la legalizzazione dell’eutanasia, fondatore e co-presidente di Eumansi. Il suo nome è stato più volte legato a vicende giudiziarie, dovendo rispondere del reato di induzione ed aiuto al suicidio proprio per il suo attivismo verso la definizione, anche nel nostro Paese, di una norma chiara e laica per l’eutanasia libera; è sempre stato assolto.
Prosegue la campagna di raccolta firme dell’Associazione Coscioni per legalizzare in tutta Italia le scelte di fine vita, inclusa l’eutanasia, con il coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale. Come sta andando?
«Stiamo riscontrando tra la gente lo stesso entusiasmo e sostegno di tre anni fa, quando raccogliemmo le firme di un milione e duecentoquarantamila persone sulla proposta di referendum per la legalizzazione dell’eutanasia, che poi fu bloccato dalla corte costituzionale Oggi avremmo sei mesi di tempo per raccogliere le cinquantamila firme sulla legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale. Contiamo di farlo in due settimane, in modo da depositare la legge in tempo prima dell’avvio del dibattito in Parlamento, previsto il 17 luglio».
Cosa chiedete di preciso?
«La nostra proposta estende il diritto attualmente esistente al cosiddetto “suicidio medicalmente assistito”, aprendo all’eutanasia, cioè dando la possibilità al paziente di scegliere tra la autosomministrazione del farmaco letale e la somministrazione da parte del medico. I criteri per accedere alla morte volontaria diventerebbero meno restrittivi di oggi, includendo anche le persone con patologia irreversibile e sofferenza insopportabile che però non siano dipendenti da trattamenti di sostegno vitale».
Volete presentare la proposta in parlamento prima della discussione sul fine vita prevista in Senato il 17 luglio. Obiettivo raggiungibile?
«Sì. Il problema è se il Parlamento vorrà ascoltare. In Francia e in Gran Bretagna l’attuale dibattito sull’aiuto alla morte volontaria si sta svolgendo fuori da logiche di partito o di maggioranza contro opposizione. In Gran Bretagna, il testo è passato col voto contrario di due ministri di peso (Salute e Giustizia). In Francia il testo, di iniziativa parlamentare, è stato preceduto da una Assemblea di cittadini estratti a sorte, durata molti mesi, le cui proposte sono state ampiamente riprese nel testo parlamentare. In Italia, il Governo ha deciso di portare in aula un testo espressione dell’accordo tra i partiti di maggioranza, sul quale non ha condotto alcuna consultazione formale, e le uniche consultazioni informali riportate dai media sono state quelle con la Conferenza episcopale italiana».
La bozza però presentata dai due relatori di Forza Italia e Fratelli d’Italia, Zanettin e Zurlo, sembra lontana dalle vostre richieste. Più che una legge sul fine vita sembra una punizione.
«La legge proposta dal Governo non è solo lontana dalle nostre proposte, ma è peggiorativa rispetto alla situazione attuale, cioè alle regole che abbiamo strappato finora attraverso le azioni di disobbedienza civile. La loro legge prevede infatti la creazione di un Comitato etico nazionale, di nomina governativa, che centralizzi le risposte alle richieste di aiuto alla morte volontaria, tagliando così fuori i Comitati etici territoriali ed estromettendo il Servizio sanitario nazionale. Anche i criteri per accedere all’aiuto alla morte volontaria diventerebbero più restrittivi, rendendo obbligatorio l’inserimento in un percorso di cure palliative e ammettendo solo le persone dipendenti da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali, cioè attaccate alle macchine, mentre la Corte costituzionale aveva finora ammesso anche le persone dipendenti da trattamenti praticati da caregivers e familiari. La proposta del Governo inoltre prevede tempistiche tali da rendere nella pratica impossibile l’aiuto alla morte volontaria di malati terminali o affetti da malattie neurodegenerative, attraverso il combinato disposto di due scadenze capestro: un termine che può arrivare a centoventi giorni per la risposta alle persone richiedenti, e un termine di quattro anni prima di potere ripresentare la proposta da parte di una persona che abbia ricevuto un diniego, indipendentemente da un eventuale cambiamento delle sue condizioni di salute».
È vero che sui temi cosiddetti etici il Paese è più avanti di chi lo governa e di chi dovrebbe approvare leggi in parlamento?
«Mi pare evidente e certificato da qualsiasi sondaggio effettuato in materia, nonostante la mancanza di un vero dibattito sui media».
Qual è l’atteggiamento del governo verso il tema del fine vita?
«Inizialmente, il Governo aveva cercato di occuparsene il meno possibile. Mano a mano che sono arrivati i primi casi di persone che hanno ottenuto legalmente l’aiuto medico alla morte volontaria con l’aiuto del servizio sanitario nazionale (prima nelle Marche, poi in Veneto, Friuli, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana) si sono resi conto che non potevano più ignorare la questione, e ora stanno correndo ai ripari per cancellare i diritti già esistenti. In particolare, cercando di sbarrare la strada alle Regioni, cancellando il ruolo del Servizio sanitario nazionale, non solo nella valutazione dell’esistenza o meno dei criteri per accedere all’aiuto, ma anche nell’attuazione dell’aiuto stesso, per il quale la persona richiedente dovrà rivolgersi ai privati, oppure andare in Svizzera; di conseguenza, le Regioni risulterebbero estromesse e risulta evidente la discriminazione tra persone malate: chi accede al fine vita tramite sedazione palliativa profonda avrebbe diritto all’assistenza del Ssn, mentre la stessa persona verrebbe esclusa se si tratta di aiuto alla morte volontaria».
Qualcuno lo ha chiamato “Stato etico” per via delle reticenze del governo Meloni a far passare la legge sul fine vita. Un’espressione forte…
«Il concetto di “Stato etico” è appropriato quando si usa la legge non per regolare i diritti delle persone, ma per indicare un comportamento considerato moralmente positivo e renderlo obbligatorio, o vietarne uno considerato moralmente negativo, anche che se chi lo mette in atto non nuoce ad alcun altro. È proprio il caso dell’eutanasia. È bene anche tenere in considerazione che la prima sollecitazione della Corte costituzionale sul tema è di otto anni fa. Da allora, hanno anche governato partiti che oggi sono all’opposizione e nulla è accaduto. Spero che le opposizioni oggi abbiano preso consapevolezza dell’importanza del tema, e si preparino a dare battaglia non solo in Parlamento, ma mobilitandosi nella società, come ancora non hanno fatto».