di Giada Fazzalari
Il titolo del suo libro ultimo è emblematico, “Genocidio” e si riferisce alla terribile reazione che dopo il 7 ottobre il governo israeliano ha riversato sul popolo palestinese a Gaza: morte, distruzione, macerie, una scia di sangue che sembra non avere fine e che si è lasciata dietro sessanta mila morti civili innocenti in venti mesi. Un libro di fronte al quale non ci si può girare dall’altra parte perché, dice Rula Jebreal, “il genocidio di Gaza ha rivelato il vuoto morale e politico di un mondo che riduce l’umanità a una gerarchia di morte e perché nessuno, in futuro, possa dire che non poteva sapere quanto sta accadendo”. Rula Jebreal è giornalista e scrittrice, esperta di politica internazionale, docente all’Università di Miami. Vive negli Stati Uniti, dove collabora con CNN e MSNBC, New York Times e Washington Post. È palestinese nata ad Haifa, con cittadinanza israeliana e italiana. Cresciuta a Gerusalemme, ha vissuto una vita professionale e personale segnata dall’occupazione militare israeliana. È autrice di molti libri e opere, tradotte in varie lingue in tutto il mondo. E questo suo lavoro, ‘Genocidio’ – intenso, crudo, forte e necessario – è destinato a far discutere ancora per molto tempo.
Si è aperta una guerra nella guerra in Medio Oriente, quella tra Israele e Iran. Il metodo è sempre lo stesso: ottenere con le armi ciò che non si consegue con i negoziati.
«È peggio di così: si usano le armi per impedire che si trovi una soluzione negoziale. E non è così solo da adesso: Netanyahu vuole una guerra diretta con l’Iran dal ‘92, sono decenni che mente sul nucleare iraniano. Ha sabotato l’accordo sul nucleare firmato da Obama e gli Usa, con l’amministrazione Trump, sono usciti unilateralmente da quell’accordo. Ora per la seconda volta ha lanciato un attacco illegale, facendo uccidere il capo dei negoziatori che stava trattando con gli americani e che due settimane prima del suo assassinio aveva dichiarato di essere pronto a firmare un accordo sul nucleare»
Il rischio è una guerra allargata? Quanto pesa il ruolo degli Usa?
«Sono 20 mesi che persone come me lanciano l’allarme sul genocidio in Palestina, non solo per il crimine in sé ma perché si tratta di una sorta di prova generale. Israele ha di fatto messo in atto una dottrina barbarica: la Gazificazione del Medio Oriente. Trump ha fallito su tutte le grandi questioni di politica estera che aveva promesso di risolvere e in fretta: il 2025 sembra un dejà vu del 2003. Gli Stati Uniti presto saranno trascinati in un’altra guerra in Medio Oriente, con pretesti analoghi che fanno riferimento ad armi atomiche, armi di distruzione di massa e a criminali che invocano il cambio di regime. Tutto facilitato da media complici che suonano i tamburi della guerra preventiva, volutamente ignari di tutte le esperienze passate, dall’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia»
Dal palco del 7 giugno scorso a Roma, alla marcia delle opposizioni contro il massacro a Gaza, hai detto: “Tutti i genocidi iniziano con le parole, la disumanizzazione e la criminalizzazione collettiva di un popolo”: è quello che avviene oggi nei confronti dei palestinesi?
«Assolutamente sì. Tutti i genocidi iniziano con le parole di odio, con la demarcazione razziale, con il suprematismo, con la criminalizzazione collettiva, che dipinge gli altri come minaccia esistenziale. Stiamo assistendo alla globalizzazione della disumanizzazione di tutti i popoli mediorientali, con i vertici occidentali che ripetono a pappagallo che solo Israele ha il diritto alla difesa, anche quando Israele attacca unilateralmente e illegalmente altri paesi sovrani, calpesta il diritto internazionale, straccia la carta dell’ONU, e uccide civili in Palestina, Libano, Siria e Yemen e Iran»
In quella stessa occasione hai aggiunto: “la Palestina è il paradigma su cui si sta consolidando il nuovo ordine mondiale”. C’è il rischio secondo te che aver discreditato i tribunali penali internazionali e aver fatto prevalere la ‘legge del più forte’ possa esportare quel modello in Occidente e dunque anche in Europa?
«Temo l’effetto boomerang con attentati in tutta Europa. La maggioranza delle persone non si rende conto della radicalizzazione che sta crescendo come conseguenza diretta del genocidio in Palestina. In Iraq nel 2003 gli americani rovesciarono il regime, scelsero loro stressi il proconsole Bremer, i premier e gli dettarono l’agenda. È finita come è finita: 3000miliardi spesi e tremila soldati Usa uccisi. E l’Iraq, diventato santuario del jihadismo mondiale, che è venuto a bussare alla porta dei caffè di Parigi, delle metropolitane di Bruxelles, dopo che gli Usa si erano ritirati. Le parole dell’allora presidente Obama dovrebbero servire da monito a tutti, quando nel 2015 aveva avvertito che “senza un accordo nucleare con l’Iran rischiamo una guerra ancora maggiore in Medio Oriente”. E aveva aggiunto: “Al Qaeda in Iraq è nata dopo l’invasione americana”. Avrebbe potuto dire: “è sorta a causa dell’invasione americana”. Gli israeliani non imparano mai dalla storia: dopo l’invasione israeliana del Libano dell’82 è nato il gruppo di Hezbollah e anche Hamas è la creatura diretta della repressione, della violenza, della dittatura e dell’occupazione militare a cui sono sottoposti i palestinesi da 58 anni»
Del tuo libro mi hanno colpito molto queste tue parole: “dopo una vita trascorsa a interrogarmi come il mondo abbia potuto permettere catastrofi come l’Olocausto, ho trovato risposta tra le macerie della mia terra” …
«La convenzione sul genocidio e la promessa del “mai più” avrebbe dovuto essere una promessa universale per tutelare tutti i popoli a rischio di genocidio. Invece a Gaza abbiamo scoperto che il diritto internazionale è stato pensato per la tutela esclusiva degli occidentali e dei loro alleati. Israele sta commettendo atti di terrorismo contro i civili ovunque in Medio Oriente e nonostante ciò l’Occidente democratico continua ad armare e finanziare uno Stato i cui leader sono ricercati per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nessuno potrà più dire che c’è differenza tra le democrazie e le autocrazie, tra i terroristi e i governi che rispettano il diritto internazionale, perché stanno legittimando il terrorismo e distruggendo i trattati e le convenzioni ratificati dopo la seconda guerra mondiale»
È anche una guerra all’informazione? Sono stati uccisi più di 200 giornalisti a Gaza.
«La propaganda è parte centrale della guerra israeliana: Israele ha ucciso 232 giornalisti palestinesi, testimoni del genocidio coloniale. Attualmente ha posto un totale blackout a Gaza: non c’è Internet e Wi-Fi, al buio si stanno consumando e intensificando i massacri dei più innocenti. Mentre gli occhi del mondo sono sull’Iran, Netanyahu porta avanti lo sterminio del popolo palestinese, l’annessione illegale dei territori palestinesi, la pulizia etnica. Non è un caso che Israele stia stanziando 150 milioni di dollari per la propaganda per convincere miliardi di persone nel mondo a non credere ai propri occhi, davanti a un genocidio in mondovisione, ma di credere ai propagandisti che ci dicono che uno Stato con 500 testate nucleari ha diritto di difendersi da un popolo sotto occupazione da 58 anni. Ma questa propaganda viene smascherata regolarmente dagli stessi soldati israeliani che si vantano e fanno video selfie, mentre commettono i crimini di guerra. E come dico nel mio libro, di fronte a un genocidio in diretta streaming, nessuno potrà dire “io non sapevo”, Ancora meno potranno dirlo i governi occidentali, che sono tecnicamente a un passo dall’essere considerati imputabili di complicità nel genocidio»
Quindi un rischio che si può concretizzare, a tuo avviso, è che la guerra tra Israele e Iran farà dimenticare ciò che avviene a Gaza?
«Temo di sì. Tra l’altro, è sempre stato l’obiettivo di Netanyahu. Creare una minaccia, una guerra esterna per distrarre dai suoi crimini e massacri a Gaza, e questo proprio nel momento in cui un evidente cambiamento di opinione si sta producendo nella società civile europea e americana»
Cosa provi se pensi alla tua terra così martoriata? Intravedi un futuro di pace?
«La pubblica opinione europea, la società civile europea, che protesta contro questo genocidio e che si indigna davanti ai massacri di civili, mi aiuta a coltivare la speranza. Avremmo bisogno di politici coraggiosi e onesti al posto di una massa di incompetenti, collusi e complici del genocidio più documentato del XXI secolo, che hanno dato l’ultimo squallido spettacolo al recente G7, evitando di condannare Israele e anzi ribadendo il diritto a difendersi di uno Stato che è a tutti gli effetti un aggressore criminale. Abbiamo bisogno di un cambio di passo, altrimenti sarà il suicidio non solo, come dice Anna Foa, di Israele, ma di tutta l’Europa e di tutto l’Occidente»