Un’altra tragica estate alle porte

di Lorenzo Cinquepalmi

Come ogni anno, alla metà di giugno, l’estate bussa alle nostre porte con il suo pugno rovente e la sua afa soffocante. Bussa anche sulle sbarre delle nostre galere, quelle sbarre che i detenuti non possono nemmeno più battere per protesta, perché l’ultima delle leggi melonissime ha elevato a reato anche la protesta legittima e non violenta dei detenuti. Un anno fa, nello stesso mese di giugno che inaugura l’estate, gli imprigionati erano poco meno di 61 mila e 500 in una condizione di sovraffollamento disumana. Un anno è passato e alle soglie di una nuova estate non solo nulla si è fatto per riportare la popolazione carceraria a cifre compatibili con la reale capienza degli istituti di pena, ma addirittura l’affollamento è peggiorato, con quasi mille e duecento detenuti in più. Se anche solo ci accontentassimo del dato formale di capienza, quella regolamentare, saremmo a oltre diecimila detenuti in più del massimo, ma siccome la capienza regolamentare è la solita presa in giro, vuol dire che ben più di un terzo di persone oltre la soglia dell’inciviltà sta rinchiuso in cubiculi fatiscenti e degradati, in cui sono stipate molte più persone del tollerabile (che è tollerabile secondo l’amministrazione penitenziaria ma sarebbe intollerabile per chiunque). Se fossimo un paese civile dovremmo riconoscere che nelle carceri italiane, magari avuto il coraggio di chiudere per sempre gironi danteschi come Poggioreale, Canton Mombello, l’Ucciardone, Favignana, Regina Coeli, San Vittore, ci sono tre volte i detenuti che si possono decentemente ospitare. Dovremmo anche renderci conto che in un moderno paese civile la segregazione carceraria è una misura estrema da riservare solo a chi è pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone. Dovremmo rompere il cortocircuito forcaiolo tra opinione pubblica, magistrati e stampa per educare i cittadini alla cultura della rieducazione e del reinserimento, l’unica strategia in grado di abbattere concretamente il numero dei reati. Dovremmo avere la lucidità e l’intelligenza di escludere che i condannati per reati non violenti vengano rinchiusi, essendo altre forme di privazione della libertà meno segreganti più che adeguate a bilanciare le esigenze di sicurezza pubblica con quelle di reinserimento sociale. Nell’anno che è passato dalla scorsa estate, sono aumentati i detenuti, sono peggiorate le carceri, è tragicamente cresciuto il numero dei morti di galera. Passerà anche questa estate senza che si faccia qualcosa? O si comincerà finalmente a discutere della proposta socialista di prevedere in automatico la detenzione domiciliare nell’esecuzione delle pene inflitte per reati in cui non c’è stata violenza alla persona umana? Non chiediamo sconti, allargamenti della liberazione anticipata, amnistie, indulti. Ci limitiamo a dire che chi non ha sparso il sangue deve scontare la sua pena in detenzione domiciliare. Ci sembra una proposta di buon senso.

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