di Francesco Di Lorenzi
L’opera di rinascita di un forte ed autonomo partito socialista passa, inevitabilmente, anche dalla controinformazione sulle tante bufale che tuttora avvolgono gli anni della cosiddetta rivoluzione giustizialista e del “tintinnio di manette”, ristabilendo, attraverso dati e ricostruzioni storiche oggi facilmente reperibili, quelle semplici verità che decenni di antipolitica, di tecnocrazia e di qualunquismo populista vorrebbero spazzare via per sempre dalla memoria di questo Paese. Oggi una classe politica irresponsabile esulta per il mancato raggiungimento del quorum referendario o per successi elettorali ottenuti con quasi il 50% di astensionismo ma, allo stesso tempo e con la medesima faccia tosta, si continua a ripetere il ritornello sul presunto crollo dei partiti dell’area governativa nelle elezioni del 1992; certo ci furono dei cali significativi in particolare nella Dc (il Psi perse solo lo 0,6 rispetto alla precedente tornata del 1987) ma l’insieme delle forze del cosiddetto pentapartito sfiorava ancora la maggioranza assoluta con un numero complessivo di voti che non sarà mai più raggiunto da nessuna coalizione della seconda repubblica e con una partecipazione complessiva di oltre l’87% dei votanti. Nessun terremoto, nessun giudizio insindacabile degli elettori, nessuna ecatombe, semplicemente solo due anni dopo, nelle elezioni del 1994, quegli stessi partiti allora ancora maggioritari non esistevano più perché fatti sparire per via giudiziaria. Un’altra delle forme di disinformazione e falsificazione più diffuse ripete, a cadenza periodica, la litania sul dissesto dei conti pubblici causato dai partiti della prima repubblica, in particolare proprio dai socialisti e dal governo Craxi, origine e spiegazione di tutti i fallimenti economici del trentennio successivo, secondo una vulgata tuttora piuttosto popolare ed alimentata da chi, come la Meloni e molti suoi predecessori, si vanta di grandi risultati come una (non) crescita dello 0,6% e un outlook stabile sul rating del nostro debito. Quando si dice accontentarsi di poco. Peccato che la verità storica dica altro e che il governo Craxi, costretto ad operare a seguito della seconda grande crisi energetica di fine anni settanta, riuscirà nel miracolo economico di far calare l’inflazione dal 16,6% al 4,6%, restituendo potere d’acquisto, capacità di spesa e dignità a milioni di italiani, riducendo il rapporto deficit/ pil dal 16,7% al 12,6%, consentendo una crescita media del 4% che porterà l’Italia a collocarsi tra le prime cinque potenze economiche mondiali e ad essere stabilmente accettata come membro a pieno titolo del G7. Il debito pubblico si assesterà poco sopra l’80%, ben al di sotto delle cifre a doppio zero raggiunte dai grandi esperti e tecnici della seconda repubblica, per di più con una crescita media dello zero virgola, vera causa dell’attuale insostenibilità dei tassi di interesse sul debito e della spirale economica fatta di tagli e mancati investimenti in cui il Paese è impantanato oramai da decenni, qualsiasi sia il colore del governo in carica. Il tutto in un quadro generale di bassa pressione fiscale che permetterà quel significativo aumento del risparmio privato che rimane tuttora la principale forma di garanzia del nostro debito e della nostra sovranità. La fine del meccanismo perverso della scala mobile che aveva alimentato per anni spesa pubblica e spirale inflazionistica, la politica dei redditi, la cosiddetta “Italia in fasce”, con molte prestazioni sociali legate all’effettiva situazione economica del contribuente, furono tutte intuizioni di straordinaria modernità e che andavano nella direzione opposta rispetto alla falsa convinzione di una spesa pubblica sprecona e fuori controllo. Sottolineiamo questi dati e queste verità storiche da tutti verificabili, non per spirito di rivalsa, per nostalgismo o per rimpiangere il tempo che fu (errori e sbagli ci furono e non li nascondiamo), bensì perché siamo assolutamente convinti che, oggi più che mai, ci sia bisogno della cultura politica dei socialisti italiani, del loro pragmatismo, della capacità di lavorare sempre nell’interesse nazionale, con competenza, dedizione e senza cedere alla tentazione demagogica e qualunquista di gran parte dell’attuale classe dirigente. Ma anche perché l’affermazione di una memoria condivisa rimane un aspetto fondamentale per tornare a ragionare in termini di Paese e non di fazione politica ed i socialisti rappresentano in questo senso il ponte indispensabile per unire le migliori culture riformiste in un progetto di alternativa credibile e vincente; Bettino Craxi ha lavorato costantemente in quest’ottica, ottenendo risultati economici, di autorevolezza e di prestigio internazionale, senza perdere mai di vista l’interesse generale italiano. Dobbiamo pertanto a lui, e alla gloriosa storia del Psi, il massimo impegno anche sul piano della verità storica, per ricostruire un partito ed una comunità politica proiettati senza paura nel futuro ma con le radici ben piantate in un passato di cui andremo sempre orgogliosi e che nessuna macchina del fango, passata o recente, riuscirà a sporcare. “Ci sono molte ragioni che renderanno indispensabile, un giorno o l’altro, una Commissione di inchiesta parlamentare sul fenomeno di Tangentopoli. La democrazia italiana ha più che mai bisogno di una “operazione verità” dopo tante violenze e anche dopo tante ingiustizie. Un giorno che di queste se ne farà una elencazione ed una descrizione nazionale ne sortirà un quadro impressionante come, vedo da come se ne parla, nessuno si immagina” Bettino Craxi-Avanti 30 luglio 1997.