di Giada Fazzalari
Siamo il popolo che ha votato in massa per scegliere tra Repubblica e Monarchia. E ancora, in massa ha votato per il divorzio e l’aborto. E ancora, sulla scala mobile nell’85. Le parole di Mattarella sul dovere di votare – “non possiamo arrenderci a una democrazia a bassa intensità”, ha detto – le abbiamo sentite prima d’ora da Pertini e da tanti padri della Patria. Siamo forse un’Italia diversa? Siamo ancora l’Italia affratellata sul Piave e nella Resistenza? Quegli uomini che si svegliano al mattino per andare a lavorare e spesso non fanno ritorno, quei ragazzi senza tutele che da rider ci fanno le consegne a casa, i cui figli giocano e studiano coi nostri, che come noi parlano in dialetto, in cosa sono diversi da noi? Sono anch’essi italiani veri. Se pensiamo a tutti quegli italiani senza cittadinanza che conosciamo direttamente, di persona, ci domandiamo tutti perché non debbano essere cittadini come noi. Perché non debbano avere gli stessi diritti che noi esercitiamo, a volte nemmeno rendendoci pienamente conto del loro valore e di quanto sia costato ottenerli. E allora, come andando a difendere il divorzio abbiamo pensato a chi è rimasto incatenato ad un matrimonio giovanile sbagliato, o alla ragazza del quartiere morta nelle mani della mammana quando abbiamo votato per difendere l’aborto, pensiamo adesso ai visi dei tanti italiani, figli di stranieri. E magari pensiamo alle voci – spesso di alte cariche dello Stato – di chi ci invita ad esercitare l’astensione, facendo vero e proprio boicottaggio di Stato, perché per loro deve prevalere la paura, figli di un conservatorismo di comodo che dobbiamo infrangere davanti alle loro menzogne. E infine, pensiamo al sorriso di Pertini. Riprendiamo in mano la nostra società, il futuro di questa Italia bistrattata, e andiamo a votare l’8 e 9 giugno ai referendum su lavoro e cittadinanza. E convinciamo, fino all’ultimo, tanti altri a venire con noi. Perché si sa, gli italiani hanno dimostrato di aver capito molto prima e molto meglio della politica, le esigenze di un Paese. Un Paese che hanno “visto” e disegnato. È l’occasione per farlo ancora. Un’occasione che sarebbe colpevole sprecare.