di Francesco Di Lorenzi
Esistono temi su cui le destre nostrane e quelle internazionali hanno costruito, negli ultimi decenni, la loro rendita politica, sfruttando in maniera demagogica problematiche reali e stabilendo in maniera del tutto arbitraria una sorta di copyright, di esclusiva, anche per colpa, bisogna ammetterlo, dei ritardi e delle mancanze di certe sinistre e del mondo progressista in generale. Un classico esempio su cui come socialisti abbiamo già posto la nostra attenzione è la questione sicurezza ma lo stesso discorso vale per la delicata questione della natalità, divenuta, a parole, un totem della premier Meloni e dei suoi alleati su cui, da anni, si costruiscono campagne elettorali e mirabolanti progetti di svolta. Intendiamoci; i bassi tassi di natalità del mondo occidentale sono terribilmente reali e la politica, pur nel rispetto delle scelte individuali e della inviolabile autodeterminazione della persona, ha il dovere di affrontare con serietà una questione che, nei prossimi decenni, impatterà in maniera importante sulle basi del nostro vivere civile, mettendo in discussione pilastri fondamentali come la tenuta del sistema pensionistico e dello stato sociale in generale. Il problema è la serietà con cui affrontare un tema così difficile, che si mescola con il cambiamento degli stili di vita e delle priorità di quella parte del mondo che vive in una relativa condizione di benessere e che ha, soprattutto, molto a che fare con scelte politiche mirate e lungimiranti, che pongano al centro le esigenze delle donne, il tema della conciliazione tra famiglia e lavoro, della giusta retribuzione femminile, della necessaria rete di sostegno, pubblica e non, che deve saper accogliere ed accompagnare la scelta della maternità, tutte questioni distanti anni luce dagli slogan urlati sulla famiglia tradizionale (quasi sempre degli altri) o sui pochi spicci che si sperperano in manovra su bonus a tempo, utili magari per qualche voto in più ma ininfluenti nel tentare di invertire in maniera significativa un trend così negativo. La risposta, al contrario, è come sempre nella buona politica, perché anche in un contesto generale di bassa natalità è evidente che dove si effettuano scelte di un certo tipo la tendenza può essere invertita. È il caso, per esempio, della Francia, della Svezia e dell’Irlanda, non esattamente Paesi oscurantisti. Per restare ai cugini d’oltralpe basti pensare che, a fronte di un tasso percentuale di numero di figli per donna all’interno della Ue dell’1,53, con l’Italia fanalino di coda all’1,23, i transalpini registrano un dignitoso 1,86%, non lontano dall’obbiettivo del 2% necessario per la sostenibilità futura del sistema e per un corretto ricambio generazionale. Politiche reazionarie e scelte discriminatorie nei confronti di chi non sceglie il matrimonio? No, semplicemente misure di buon senso come part time per le donne fino ai tre anni di vita del bambino con integrazione dello stipendio da parte dello Stato, tempo pieno a scuola garantito in ogni ordine e grado, politiche fiscali di sostegno come il quoziente familiare, una spesa totale per l’insieme delle politiche a favore delle famiglie che raggiunge il 2,2% del Pil contro le nostre chiacchiere e l’1% di spesa dedicata. Fatti, come l’estensione della paternità a sedici settimane proposta dal governo socialista di Sanchez contro le due dell’Italia meloniana, e non parole al vento. Per questo crediamo che occorra, quanto prima, una proposta complessiva sul tema dei socialisti, per affrontare una questione centrale per il futuro del Paese, perché non possiamo permetterci di avere un milione di cittadini in meno già nel 2030 secondo le ultime stime dell’Istat, e per sconfiggere le destre sul piano concreto delle riforme e delle scelte politiche, con serietà, pragmatismo e con quella capacità di unire che viene dalla nostra secolare storia. Senza inseguire la cialtroneria di chi utilizza ogni emergenza per dividere ed incamerare un tornaconto elettorale, mettendo al centro le esigenze e i diritti di tutte le famiglie. Solo creando una rete di assistenza ed accoglienza possiamo pensare di cambiare lo stato delle cose perché, come recita un antico proverbio africano, “per crescere un bambino ci vuole un villaggio”, ossia ci vuole il concreto aiuto ed il sostegno di tutta la comunità. Oggi, tramontata definitivamente la famiglia numerosa e coabitante di secoli fa, padri e madri scontano, spesso, una sensazione di abbandono, di inadeguatezza, di concreta incapacità di gestire la straordinaria, quanto complessa, nascita di un figlio con i ritmi incessanti imposti dalla società e dal lavoro. C’è bisogno del villaggio, della comunità, dell’associazionismo, della buona politica. C’è bisogno, anche per questa giusta battaglia, dei socialisti.