di Alessandro Silvestri
L’ epoca del nuovo disordine mondiale, contribuirà a far sviluppare il seme dell’autoritarismo anche nei Paesi più evoluti? Certo la domanda non è delle più semplici, ma niente affatto retorica. Anche perché i frutti avvelenati li stiamo già vedendo. Prima di Trump, la politica neo-imperialista della Russia di Putin ha contribuito grandemente ad intorbidire le acque, ma nonostante l’uso della forza, l’invasione dell’Ucraina del 2022 e la “faccia feroce” con i Paesi un tempo sotto il controllo di Mosca, sempre di conflitti regionali si è trattato finora, considerato che la potenza della Russia è dovuta più alla propaganda che alle reali forze in campo: dal Pil a tutti gli indicatori macroeconomici e sociali. Ma ad essere sotto costante attacco, da destra a manca, si è trovata ad essere l’Europa, perché dovrebbe essere ormai chiaro, che a tutti i Capataz in giro per il Globo, la presenza di una Europa unita, civile e democratica, scomoda assai la pianificazione di tutte le porcherie che si possono compiere disponendo e puntando sulla pura forza economica, militare e della disinformazione. Per fortuna, esistono altri pezzi di Occidente, dove corruzione e propaganda hanno attecchito poco o niente, e che in queste settimane hanno dimostrato idee chiare e fermezza rispetto alle risposte da dare al caos. Dal Canada all’Australia è giunto un secco no alla sottomissione ai tre novelli imperatori che si giocano al tavolo da poker, i destini dell’umanità. Un ribaltamento dei pronostici definito “effetto Trump” ma che è anche un effetto Putin e un effetto Jinping, visto che l’Australia si trova nell’area di influenza cinese e che il Canada si deve guardare certo dagli sghiribizzi del presidente Usa, ma il confine con le acque territoriali russe nel Mare di Bering, non è così distante. Ovviamente per noi italiani che siamo cosi impregnati di provincialismo, solitamente di queste cose non ci interessiamo. In Canada ha vinto il liberal Mark Carney, raggiungendo quasi la maggioranza, potendo contare adesso anche su di un vasto consenso popolare, dopo essere subentrato al dimissionario Justin Trudeau, alla guida del governo. Così come si è replicato “in the land down under” dove il primo ministro laburista Anthony Albanese, è stato riconfermato al motto di “The australian way” una chiara contrapposizione al bullismo trumpiano, che è molto poco tollerato nel mondo anglofono. Ma il fatto che ad essere sotto costante attacco multilaterale sia proprio l’Europa, ce lo confermano le elezioni in Romania, dove si andrà al ballottaggio tra il più votato, George Simion, populista, sovranista, euroscettico e nazionalista che guarda con favore a Trump e sta nello stesso partito della Meloni all’europarlamento, ma che è anche amico di Salvini. Ha superato il 40% e se la vedrà col sindaco liberale di Bucarest, Nicusor Dan, che ha raggiunto però soltanto la metà dei voti dell’avversario. Vedremo al ballottaggio del 18 maggio cosa accadrà, considerato che il partito socialdemocratico rumeno del presidente uscente Marcel Ciolacu, avendo più o meno la forza del Pd in Italia, metterà i suoi voti a disposizione di Dan. Ma appare evidente che la cosiddetta “marea nera” stia montando ovunque in Europa e che ancora una volta tocca ai socialisti, ai cattolici progressisti e ai liberali, togliere le castagne dal fuoco per tutti. In Germania la risposta del popolo tedesco è stata perentoria, nonostante il 20,8% di Afd, l’86% dei tedeschi è andata alle urne anche per difendere il proprio Paese dal ritorno di un estremismo di destra che ha marchiato a fuoco la sua storia. Rocambolesca l’elezione a Cancelliere per Friedrich Merz, che alla prima votazione ha subito lo schiaffo di diciotto deputati della coalizione Cdu-Csu-Spd, che hanno inteso evidentemente metterlo sull’avviso su questioni ancora aperte nella maggioranza, e sulla vertenza nei confronti di Afd scaturita dalla segnalazione dei servizi di sicurezza nazionale. Tuttavia nella seconda votazione del pomeriggio, il Bundestag ha dato il via libera ed è stato raggiunto il quorum necessario. Spegnendo anche l’entusiasmo della Weidel che già invocava elezioni anticipate. Uguale a Meloni e Salvini quando erano all’opposizione. E anche in Italia e in Europa, si allarga il dibattito se la libertà di espressione contempli anche ridare fiato a partiti e movimenti di chiara ispirazione fascista, nazista o comunista, che sono esattamente la stessa cosa. Anche se l’Italia rimane un caso a parte, dove è lecito puntare il dito soltanto verso i nazisti. Una “diversità” che non tramonta mai. Con gli eredi dei fascisti al Governo, e quelli dei comunisti nei giornali, in TV, nella magistratura e nelle università a dettare la linea. La famosa egemonia che è sempre utilizzata da qualcuno, a discapito di tutti gli altri. Un concetto che più assolutista non può esistere. Ma purtroppo lo afferrano ancora in pochi. E a proposito di egemonia, siccome questo nostro governo così social non ne sta realizzando una, al di fuori dei continui spot pubblicitari, questo a noi perplime assai; e non possiamo che augurarci nei giorni del Conclave, che lo Spirito Santo, già che è da quelle parti, dopo aver compiuto il suo dovere principale illuminando la Cappella Paolina, arrivi anche fino a Montecitorio e a Piazza Colonna.