di Giada Fazzalari
Perché Francesco è stato il Papa più rivoluzionario della storia millenaria della Chiesa? Ha criticato con veemenza il “capitalismo cattivo”, quello pronto a crescere sulle vite e sulle anime dei più deboli, definendolo “capitalismo del diavolo”. Che i cristiani devono fare politica, perché il cristianesimo è la religione dell’uguaglianza, e per realizzare l’uguaglianza ci vuole la politica. Ha raddrizzato le finanze del Vaticano, erose da passate gestioni poco trasparenti. Ha aperto la Chiesa a gay e persone divorziate. Un pontificato di rottura. Basterebbe questo perché i socialisti, e non solo, lo riconoscano come un uomo che ha le stesse loro sensibilità. Ma oltre a questo, c’è stato molto altro: ovunque nel mondo ci fosse l’ingiustizia, lì è sempre arrivata la voce del Papa. Così è stato per “la martoriata Ucraina”, martoriata perché aggredita da un invasore feroce, perché merce di scambio nel gioco delle potenze della geopolitica mondiale. E altrettanto intenso – straordinariamente coraggioso – è stato l’impegno di Francesco per la libertà del popolo palestinese. Da quel 7 ottobre 2023, con la condanna senza appello dell’atroce uccisione di civili israeliani, fino al tormento per l’oscena vendetta scatenata da Netanyahu contro donne e bambini palestinesi: “Mitragliatrici sui bambini, bombardamenti di scuole e ospedali… Quanta crudeltà!”- aveva tuonato, fino ad usare senza mezzi termini la parola genocidio. Fino a poco prima di morire, come fosse quasi un testamento ideale, aveva definito “drammatica e ignobile la situazione umanitaria a Gaza”. Che il mondo sia diviso in sommersi e salvati è un dato oggettivo, che non chiede, per essere visto, un particolare acume. Ciò che fa la differenza è l’atteggiamento che si assume al confronto con questa situazione. L’ondata montante, quella dei Trump e degli Orbàn, afferma che l’esistenza di una massa sterminata di sommersi è inevitabile, e che il passaggio dalla schiera dei sommersi al ristretto novero dei salvati dipende solo dall’individualità del singolo, dalla sorte. Ma è ancora viva una visione della società fondata sull’impegno collettivo e sul dovere morale di andare verso un futuro in cui non vi siano più sommersi e salvati, in cui l’umanità sia libera di realizzarsi e la prosperità dipenda dalle qualità di ciascuno, ma in cui chi non ce la fa non sia abbandonato alla disperazione. Questa è stata la “vera” visione di Jorge Bergoglio per tutta la sua vita, dalla giovinezza, al ministero in Argentina, fino alla sua esperienza come Francesco a capo della Chiesa universale. Ma questa è da sempre la visione dei socialisti di tutto il mondo, quella che noi socialisti italiani racchiudiamo nella sintesi nenniana: portare avanti quelli nati indietro. Ecco perché per noi Francesco è stato anche un po’ un Papa socialista.