La voce dell’Europa

di Giada Fazzalari

Chi guarda alla manifestazione del 15 marzo in piazza del Popolo, nata da un appello di Michele Serra dalle colonne del quotidiano La Repubblica, con i “ma” e i “però”, con le dovute cautele e con il timore di contestazioni e dissidi, probabilmente, non ha compreso a fondo lo spirito stesso di quella chiamata alle armi (espressione da non considerare letterale) che ha raccolto attorno a se numerose e qualificate adesioni, specie nelle forze politiche di opposizione a questo governo. Men che meno l’ha compresa chi accusa le forze di sinistra di essere spaccate (è mai successo il contrario?), costruendo così narrazioni tafazziane che non aiutano un dibattito sano, franco e libero da retaggi ideologici. Il nodo è il piano per il riarmo dell’Europa presentato da Ursula Von der Leyen e approvato dai capi di Stato al Consiglio europeo della scorsa settimana. Chi è contro l’idea bellicista di Von der Leyen, chi ritiene necessario il piano. Chi avanza accuse di estremismo, chi alimenta lo scontro con i cosiddetti “turbo-pacifisti”, tutti hanno invece contribuito ad alimentare un dibattito che, in questo caso, può persino diventare inutile. Perché il rischio è che, distinguo dopo distinguo, se ne smarrisca il senso profondo: sarà la piazza dell’orgoglio europeo, di coloro che credono nel progetto di Adenauer, De Gasperi e Spinelli. Per un’Europa federale, che promuova la pace e che rafforzi le conquiste sul welfare, sui servizi sanitari pubblici, sulla scuola pubblica di qualità. In sostanza, per gli Stati Uniti d’Europa, una suggestione nata con Turati, diventata un’esigenza oggi. Un appello nato quasi di pancia, da una necessità: quella di difendere il diritto internazionale e l’autodeterminazione dei popoli dalle mire imperialistiche che arrivano dalla Russia, con buona pace di Trump che considera l’Europa una zavorra quando va bene, completamente ininfluente e manipolabile quando va peggio. E per evitare di restare stritolati tra le brame di Trump e Putin, tra autocrazie e oligarchie, bisogna difendere in ogni modo il patrimonio di giustizia sociale, progresso, libertà e democrazia che abbiamo ereditato dai padri fondatori. Dice bene il segretario del Psi Maraio, che sul piano da 800 miliardi sul riarmo europeo, si è espresso così: per i socialisti non è in discussione se farlo, ma come farlo. Non sottraendo un centesimo ai diritti sociali. Il punto è che, se ci arrovelliamo tra i distinguo, perdiamo la bussola: quella di difendere le fondamenta della nostra Europa, a lungo debole e poco influente, proprio ora che è in pericolo. Un rischio che abbiamo il dovere di evitare.

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