di Alessandro Silvestri
C’è una foto, un volto, un sorriso limpido e felice, un trucco leggero fatto di acqua e sapone, la pettinatura in stile “swing” lanciata dai film americani che erano tornati nelle sale dei cinema a dare quella leggerezza e voglia di vivere, negata troppo a lungo ad un paio di generazioni almeno d’italiani, e che rimarrà l’immagine indelebile e simbolica del 2 giugno 1946. Quello di una giovanissima impiegata de L’Avanti! di Milano, Anna Iberti, fotografata proprio sulla terrazza di piazza Cavour dove aveva sede il quotidiano socialista, che dalla clandestinità, era ritornato regolarmente nelle edicole il 27 aprile dell’anno prima. La neonata Repubblica veniva raffigurata col volto di una giovane donna, come simbolo di rinascita e ripartenza, dopo il periodo più buio della storia italiana e mondiale. E anche le donne italiane poterono votare per la prima volta. Una svolta completa. Un cambio di capitolo fondamentale, a cui dobbiamo molto ai socialisti di allora e al loro leader, Pietro Nenni. A quelli che avevano combattuto fin dal primissimo minuto contro il fascismo, cadendo ancor prima della riscossa partigiana del ‘44 – ‘45; quelli condannati dai tribunali speciali; quelli a cui era toccato l’amaro pane dell’esilio; quelli che erano accorsi e caduti in Spagna, prova generale della II Guerra mondiale, quelli infine sterminati nei campi nazisti. Ma fu proprio la battaglia per la Repubblica, quella che segnò e qualificò più di ogni altra, la vita politica di Nenni. “Una grande giornata, che mi ripaga di molte amarezze e che può bastare per la vita di un militante”. Così annotava nei suoi diari. Si era al 5 giugno, nell’Italia ancora sotto le macerie, con le strade piene di crateri e le ferrovie da ricostruire, i dati del Referendum arrivavano lentamente, e l’allora ministro dell’Interno Romita, anch’egli socialista, impose il silenzio stampa fino alla conferma dei dati ufficiali. E d’altra parte si trattava di una svolta storica con eco di portata mondiale; l’Italia era il primo Paese a tagliare nettamente i ponti col proprio recente passato: e non solo l’epoca mussoliniana veniva messa all’indice, ma anche quella dei Savoia che certo non ebbero minori responsabilità del Duce. Tanto che fu Radio Montevideo a “bruciare” tutti gli altri media, dando per prima la notizia: “Vittoria dei sì alla Repubblica in Italia”. Il “Vento del Nord” che Nenni aveva più volte raffigurato e racchiuso nella descrizione della lotta partigiana, frutto soprattutto dall’impegno della classe operaia in armi, era diventato “quel soffio vivificatore” che aveva gonfiato le vele del Referendum e dato ragione al suo incessante impegno, anche nei panni di vice presidente del Consiglio, che si può racchiudere in uno dei suoi celebri motti: “O la Repubblica o il caos”. E così nella notte tra il 4 e il 5 giugno, le rotative a tutta forza poterono stampare sui quotidiani il titolo a caratteri cubitali che la maggioranza degli italiani si aspettava. REPUBBLICA! A tutta pagina titolò L’Avanti! E in un celebre articolo, l’allora direttore dell’edizione romana, Ignazio Silone, fece scrivere “Grazie a Nenni” che anche contro le ambiguità soprattutto di Dc e Pci, si era lungamente scontrato. Il “Vento del Nord” che diveniva definitivamente un vento di liberazione “contro il nemico di fuori e quelli di dentro”. Celebre il commento di Francesco Saverio Nitti, a lungo a capo della concentrazione antifascista di Parigi: “In Italia c’è un solo rivoluzionario, Nenni. Per fortuna c’è Togliatti a moderarlo”. Lo stesso Silone più volte mise in guardia dall’antifascismo militante, che per inciso fu alimentato maggiormente dagli “zelanti” ex fascisti che all’ultimo minuto salirono sul carro del vincitore. I ben noti antifascisti del 25 aprile. Intanto il Re di maggio, Umberto II di Savoia, fu costretto ad abbandonare l’Italia per sempre. Il popolo italiano, pacificamente e democraticamente, aveva fatto giustizia e mostrato al mondo la sua volontà di riscatto e di radicale e profondo cambiamento. Il 2 giugno 1946, fu una data simbolo anche per l’elezione della Costituente, incaricata di scrivere quella Costituzione, che ancora oggi è la stella polare della nostra Repubblica. Settantanove anni dopo, siamo qui non solo per ricordare, ma anche per rilanciare una storia di lotte democratiche che appartengono al socialismo italiano ed europeo. Visto che i nemici dell’Italia e del suo meraviglioso popolo, tanto quelli esterni che quelli interni, sono ancora all’opera ed alcuni siedono purtroppo, anche sui banchi della maggioranza parlamentare, ai vertici delle Istituzioni e nel Governo. Quelli che senza vergogna o timore si professano eredi diretti del fascismo e tengono immagini e busti di Mussolini in bella mostra come se fosse lecito e normale. Non tanto diversi, anzi in molti casi sovrapponibili, con coloro che osannano le dittature di oggi, come quella di Putin, e sono accorsi a fare i migliori amici del Presidente americano, o del premier israeliano, che l’istituto democratico stanno mettendo fortemente a rischio. Festeggiamo tutti assieme questo 2 giugno, e riscopriamo i valori di unità, condivisione e solidarietà, che sono gli elementi caratterizzanti di ogni popolo profondamente democratico, come noi siamo. Chi ha provato a dividere il Paese in ogni modo, rifletta e faccia ammenda. I nostri valori non sono in vendita.