Unità democratica in Francia per arginare il dilagare della destra

di Lorenzo Cinquepalmi

l Rassemblement National non è che il vecchio Front National fondato nel 1973 con il contributo determinante, politico, logistico ed economico, del Movimento Sociale Italiano di Almirante. La fiamma che, stilizzata, sopravvive nel simbolo elettorale del partito della Le Pen (figlia del fondatore del Front National), all’origine era identica a quella del MSI, anche nel trapezio posto alla base. Cambiava il tricolore dentro la fiamma (quello francese invece di quello italiano) e le iniziali FN in luogo di quelle MSI. La similitudine più forte, però, sta nella comune matrice più intima dei dirigenti e di buona parte dei militanti attivi; anche oggi che il Movimento Sociale non c’è più, ed è passato attraverso le evoluzioni di Alleanza Nazionale e del Popolo delle Libertà, per approdare a Fratelli d’Italia che, però, nasce contestando proprio la presa di distanza dal MSI. La recente inchiesta di Fanpage dimostra che, al di sotto di una facciata più o meno credibile di adesione al modello democratico e antifascista, il credo quasi iniziatico nel fascismo rimane la cifra della forza politica guidata da Giorgia Meloni. In modo speculare, sotto la superficie “repubblicana” nel Rassemblement National la matrice ideologica, collante tra dirigenti e militanti, è il riferimento alla stagione di Vichy e cioè al fascismo. Occorre affermare una volta per tutte che questa non è, semplicemente, destra. La destra europea sono De Gaulle e Churchill, non Mussolini, Petain, Franco. E la linea rossa che divide il campo politico non è tracciata, genericamente, tra destra e sinistra, tra una visione progressista e keynesiana, da una parte, e una conservatrice e liberista, dall’altra. Queste due visioni politiche giocano, comunque, nello stesso campo, che è quello della democrazia liberale, in cui si danno per acquisiti valori di libertà, solidarietà sociale ed eguaglianza. Poi c’è l’eversione, quella che gioca un’altra partita, e che quei valori di libertà, fraternità ed eguaglianza li mette apertamente in discussione. Oggi che l’eversione bolscevica non esiste più, rimane in campo, più forte che mai, l’eversione fascista, quella che già ha devastato l’Europa una volta, tra la fine della prima guerra mondiale e la fine della seconda. Siamo troppo lontani da quella stagione, vecchia ormai di un secolo o poco meno, perché gli europei sentano ancora sulla loro pelle, nel loro sangue, la repulsione per quella visione della società e per la bufera di dolore, lutto, rovina, abiezione e disperazione che il fascismo ha fatto abbattere sull’Europa. Di tutto questo, oggi, rimane solo una percezione intellettuale, riservata a pochi, a delle elites composte da persone il cui personale esempio di vita raramente aiuta a generare gli anticorpi necessari per fermare la diffusione del morbo fascista. La linea rossa, però, oggi come nel 1940, non è più tra destra e sinistra, ma tra democrazia e fascismo: occorre dire con chiarezza, senza reticenze, che Rassemblement National, Fratelli d’Italia, Alternative für Deutschland, e tante altre forze politiche a cui la tolleranza delle democrazie ha consentito di rinascere in Europa, sono movimenti fascisti, solo apparentemente democratici, che sfruttano, come già un secolo fa, i meccanismi della democrazia per affermarsi e realizzare un programma politico che non è democratico, non è liberale, non è egualitario. Come spesso accade, vi sono dei democratici ottusi e miopi, o peggio, interessati e in malafede, che anche oggi, come Ciotti, scelgono l’appeasement che già ha fallito nel 1938 a Monaco. Dirsi gollisti e accodarsi alla figlia di J.M. Le Pen è assurdo come affermare che il sole può sorgere a occidente. Ma il problema è che, in Francia come in Italia, ad avere gli strumenti per sapere o almeno ricordare tutto questo, sono sempre meno. Occorre, allora, uno scatto della parte migliore dei dirigenti politici di destra e di sinistra, perché siamo all’alba di una nuova stagione di fronti: il fronte della democrazia e della libertà, comune a destra e sinistra, e il fronte del neofascismo. Sia chiaro a tutti: le braccia alzate nel saluto romano, in Italia e in Europa, non sono più un folclore minoritario. Rappresentano la spina dorsale di un movimento che, proprio come cento anni fa, raccoglie insoddisfazione, malcontento, l’inquietudine che nasce dalla perdita degli ideali, e fomenta la reazione dei cittadini incanalandola nel voto a favore della sua proclamata diversità. Una diversità che è solo l’illusione di un miglioramento, perché implica l’affermarsi di un potere illiberale, autoritario, fondato sulla discriminazione, sulla prevaricazione, sull’egoismo. Nella storia d’Europa, destra e sinistra hanno già dimostrato di saper adottare parole d’ordine comuni contro il fascismo: è ora di ritrovare quello spirito, a cominciare dalla Francia. Oggi in Francia, domani in Italia e in Europa: no pasarán!

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