di Rocco Romeo
Un Paese che non legge, non cresce: l’allarme sulle competenze di base mette a rischio il futuro sociale ed economico dell’Italia. Un dato allarmante emerge dall’ultima indagine Ocse: oltre il 30% degli italiani adulti è classificabile come analfabeta funzionale. Questo significa che più di un terzo della popolazione adulta del Paese ha difficoltà significative nel comprendere un testo, analizzare informazioni complesse o risolvere problemi di base. Una realtà che pone l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi industrializzati, rendendo evidente l’urgenza di un intervento strutturale su più fronti. La situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il divario rispetto al resto del Paese si manifesta non solo nei livelli di alfabetizzazione funzionale, ma anche nelle competenze digitali e nell’accesso all’istruzione di qualità. Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni, il Sud rimane indietro in quasi tutti i settori: dalla scuola all’università, passando per l’inserimento nel mercato del lavoro. Questo squilibrio territoriale aggrava ulteriormente il quadro nazionale e mina le possibilità di sviluppo sociale ed economico. Le radici dell’analfabetismo funzionale sono molteplici. Da un lato, c’è la mancanza di un sistema educativo capace di formare cittadini in grado di apprendere per tutta la vita; dall’altro, pesano decenni di politiche insufficienti nel contrastare la dispersione scolastica e nell’adattarsi alle sfide della modernità. La transizione digitale, inoltre, ha amplificato le disuguaglianze: chi non possiede competenze base nell’uso di tecnologie rischia di rimanere escluso da opportunità fondamentali, dal lavoro alla partecipazione democratica. Le conseguenze: una democrazia fragile. L’analfabetismo funzionale non è solo un problema individuale, ma un limite per l’intera società. Incapacità di comprendere informazioni complesse significa scarsa partecipazione civica e una maggiore vulnerabilità alla manipolazione mediatica. È un fenomeno che erode le basi della democrazia e ostacola lo sviluppo economico, in un contesto globale dove competenze e conoscenza sono le principali risorse. Quali possono essere le possibili soluzioni? Occorre un piano strategico che parta dalla scuola, con un focus sul potenziamento delle competenze linguistiche e logiche fin dalla primaria. Al contempo, è essenziale investire in programmi di formazione continua per gli adulti, incentivando le aziende a partecipare al miglioramento delle competenze dei lavoratori. Non meno importante è la lotta alla dispersione scolastica, in particolare nelle aree più svantaggiate del Paese. Il rischio, altrimenti, è di condannare l’Italia a rimanere indietro rispetto ai partner internazionali, non solo nei dati sull’alfabetizzazione, ma anche nei principali indicatori di sviluppo umano. L’Italia ha bisogno di una nuova alfabetizzazione, culturale e digitale, che coinvolga l’intera popolazione. La scuola sta facendo la sua parte? Questa domanda è cruciale per capire se davvero la scuola italiana, nonostante gli sforzi, stia riuscendo a colmare il divario delle competenze. Le politiche educative devono evolversi, rispondendo ai cambiamenti della società e delle esigenze lavorative. Solo con un sistema scolastico più inclusivo, moderno e aperto all’innovazione, l’Italia potrà sconfiggere l’analfabetismo funzionale e preparare le future generazioni a una partecipazione attiva e consapevole nella società. In un mondo in rapida evoluzione, l’analfabetismo funzionale è un lusso che il nostro Paese non può permettersi. È il momento di affrontare questa emergenza con la determinazione necessaria, mettendo al centro del dibattito pubblico il valore dell’istruzione e della cultura. Solo così potremo superare la crisi e rilanciare l’Italia come nazione in grado di competere e innovare.