Torna lo squadrismo contro la stampa che non si piega

di Alessandro Silvestri

Se c’è un capitolo dell’autobiografia di questa nazione, che viene spesso alla ribalta, specialmente da quando la destra ex-neo-post fascista è stata sdoganata e ritenuta pronta a guidare nuovamente dopo cento anni, uno dei principali Paesi europei, questi corrisponde (purtroppo) alla voce “squadrismo”. Bene ne possiamo essere testimoni noi dell’Avanti! che quando il fenomeno nacque e virulentemente si sviluppò, negli anni ‘20 del secolo scorso, subimmo ben cinque attacchi e devastazioni alle principali sedi nazionali del quotidiano socialista. Una nota caratteristica di ogni regime, ad ogni latitudine è l’ammaestramento della stampa e la soppressione di quella che non si genuflette. Già perché assieme all’ultimo, ennesimo, episodio di cronaca accaduto a Torino, c’è un lento ma progressivo impoverimento del pluralismo e della libertà dell’informazione in Italia. Chi l’avrebbe mai detto, vero? Eppure quest’anno siamo riusciti a perdere nuovamente sei posizioni rispetto al 2023 scivolando al quarantaseiesimo posto dopo Cabo Verde, Fiji e Tonga. E poi dicono che da noi non esiste la tropicalizzazione. La sera del 20 luglio, a Torino, luogo del pestaggio, è accaduto che un collega de “La Stampa” che passava casualmente da via Cellini, abbia imprudentemente attivato la telecamera del suo smartphone per riprendere la gioiosa festa di CasaPound al circolo dei camerati dell’Asso di Bastoni (ogni riferimento ai manganelli delle squadracce è puramente casuale) dove si celebravano con inni al Duce, fumogeni, lanci di tricche-tracche e gli immancabili “a noi!” al ritmo blando delle canzoni pop dell’epoca, tipo “Faccetta nera” e “Giovinezza”, i sedici anni di onorata carriera del circolo dell’estrema destra torinese. Al malcapitato Andrea Joly non deve essere parso il vero di assistere ad un così genuino siparietto di folklore, e così via di video e foto e, ne siamo sicuri, se non lo avessero ad un certo punto strattonato e malmenato, stretto al collo e gettato a terra, alla fine avrebbe chiesto di fare pure qualche selfie. Naturalmente, com’è giusto che sia, dell’argomento se n’è parlato tutta la settimana, e abbiamo potuto assistere ad una netta dicotomia tra le posizioni della cosiddetta stampa liberal che ha chiesto sostanzialmente come i partiti di opposizione, che venga affrontato definitivamente il tema dello scioglimento delle organizzazioni filo-fasciste, che non possono essere per loro stessa natura, paragonabili in alcun modo a partiti politici. E non occorrerebbe nemmeno invocare la Legge Scelba o la Costituzione, tanto è certa la differenza. Ovviamente la stampa schierata col destra-centro è stata di tutt’altro avviso, appellandosi alla libertà di espressione sancita anch’essa in ambito sia legislativo che costituzionale. Ma dimenticando od omettendo probabilmente, che il fascismo è fuorilegge in questo Paese e che la violenza non può essere accostabile a nessun tipo di opinione, nemmeno la più bislacca. Dal canto suo la Presidente del Consiglio è subito intervenuta col suo ormai noto equilibrismo “afascista”: “Aggressione inaccettabile. Un atto di violenza che condanno con fermezza e per il quale mi auguro i responsabili siano individuati, il più rapidamente possibile. Ho chiesto al ministro dell’Interno Piantedosi, di essere aggiornata”. Meloni da un lato è visibilmente infastidita (non tanto sul fronte interno quanto sul palcoscenico internazionale che faticosamente sta tentando di calcare) dall’ennesimo caso di squadrismo nel Paese che il fascismo l’ha inventato; dall’altro sta bene attenta a non inimicarsi lo zoccolo nero del proprio elettorato. Considerando anche i sempre più frequenti conflitti con la Lega, in piena crisi identitaria, che tenta ad ogni pié sospinto di accaparrarselo, ed è costretta non senza una certa dose di contorsionismo politico, a tenere d’occhio sia il pesce che il gatto. Ma sarebbe davvero arrivato il momento di prendere una decisione netta e inequivocabile. Ne sarà capace? Di sicuro le corre d’obbligo di pensarci seriamente, perché prima o poi tutti questi assi di bastoni in libera circolazione, potrebbero finire nelle ruote del carro della sua carriera politica. Quando sarà, le auguriamo senza nessuna acredine, anche per il bene dell’Italia, un’uscita di scena migliore.

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