L’intervento di Riccardo Nencini al Senato sul decreto Sicurezza bis

Signor Presidente, condividendo molte delle cose che sono state dette dai colleghi De Petris, Parini e altri, vorrei soffermarmi soltanto su un aspetto della questione che oggi l’Assemblea è chiamata a valutare e a discutere, e poi alla fine votare.

Il peso del provvedimento al nostro esame è tutto all’interno dell’articolo 1: un articolo che possiamo definire – per molti aspetti – decisamente eversivo; non eretico, eversivo. È eversivo perché affida al Ministro dell’interno la discrezionalità nel giudicare un intervento di salvataggio in mare pericoloso o meno per la sicurezza nazionale. Dove sta l’eversione? L’approvazione di questa misura – con quell’articolo scritto in questi termini – non sta soltanto nel far venire meno gli impegni dell’Italia in campo internazionale su documenti, accordi e protocolli che sono stati qui ricordati e che sono stati sottoscritti, sui quali io, quindi, non mi dilungo. La gravità nasce dal fatto che affidiamo a un Ministro – in questo caso al Ministro dell’interno – una discrezionalità sulla vita delle persone.

Viene completamente capovolta la normativa esistente del 1998, che quiviene richiamata, quando era il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – lo ha ricordato il collega De Falco – ad avere competenza rispetto alla materia. Soprattutto, il lato dell’eversione più preoccupante è il ruolo perfettamente disconosciuto del Presidente del Consiglio dei ministri. Infatti, mentre si prevede il concerto – a fronte di una decisione assunta dal Ministro dell’interno – con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la norma all’articolo 1 prevede che al Presidente del Consiglio dei ministri si debba telefonare, cioè che si debba informare di una decisione presa colui che presiede e che ha funzioni di coordinamento delle attività del Governo.

Sono felice di aspettare cosa farà il Quirinale rispetto a una norma, se approvata, di questa natura.

C’è una seconda e ultima considerazione da fare. Il Ministro dell’interno lavora su questo fronte siccome abbiamo raggiunto una perfetta marginalità nel cuore dell’Unione europea. Quando si mantengono posizioni di questa natura (siamo completamente abrasati dallo svolgere una funzione, pur essendo un Paese chiave nella storia dell’Unione europea), allora – è già stato detto, ma lo sottolineo volentieri – il rifugio è all’interno del rancore. Il rancore, però, signor Presidente, genera rabbia e la rabbia genera odio.

Questo è un provvedimento che rischia di aumentare non soltanto i morti in mare, ma anche un odio incredibile verso un tema che andrebbe trattato anzitutto nella sede comunitaria. Non so – mi avvio a concludere – quanti saranno i voti di consenso al provvedimento in esame. So però che il peso politico che questo provvedimento ha richiederebbe una votazione con un consenso a maggioranza qualificata. Occorre infatti una maggioranza che sia quella vera ed effettiva del Senato per sostenere un provvedimento che ha un peso politico decisamente molto alto. Non so se si ci sarà; io lo auspico.

Quello che so è che da domani mattina avremo, a parti invertite, un Ministro dell’interno che scimmiotterà un grande Presidente del Consiglio: Giovanni Giolitti. Giolitti tenne sempre per sé, da Capo del Governo, il Ministero dell’interno. Domani saremo nella condizione di avere un Ministro dell’interno, che non è ancora Presidente del Consiglio, ma che di fatto assume su di sé tutte le funzioni che quel Primo Ministro del Primo Novecento assumeva grazie al voto degli elettori. 

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