Ponte sullo Stretto di Messina. E’ tempo di un dibattito senza pregiudizi

di Giada Fazzalari e Andrea Follini

Sono passati poco più di quarant’anni da quando Bettino Craxi, già nell’inverno 1985, da Presidente del Consiglio, siglò la convenzione per la realizzazione del Ponte, da realizzarsi a cura della concessionaria “Stretto di Messina spa”, appositamente costituita nel 1981. Allora si disse che in dieci anni il ponte si sarebbe potuto addirittura percorrere. E invece il ponte sullo stretto di Messina, ormai classificato come tipica chimera italica, è stato un leitmotiv ripresentato più volte, sia nelle aule parlamentari che nella loro dependance, il salotto di Porta a Porta, con tanto di plastico riprodotto e modernizzato. Da Berlusconi in avanti, a dire il vero, è stato caldeggiato più dai governi di destra che non da quelli di sinistra, diventando per gli uni e per gli altri una bandiera, da sventolare sul fronte del progresso e della capacità tecnologica italiana da un lato, o dello strenuo oltranzismo ecologico dall’altro. Nel frattempo sono stati spesi diversi quattrini; tanti quattrini: per gli studi, per le progettazioni, per le presentazioni. E anche per i plastici. Nel campo dei fautori ed in quello degli oppositori non mancano le ragioni a sostegno di ciascuna tesi. L’Avanti! della domenica ha voluto raccoglierle, per consentire ai lettori un approfondimento, affrontando il tema senza ideologie precostituite e soprattutto con strumenti concreti per la formazione di un’opinione. Ciò che qualsiasi giornale, a nostro avviso, dovrebbe fare. Cominciamo con il mettere due opinioni a confronto. Quella di Angelo Bonelli dell’Alleanza Verdi e Sinistra, e l’altra al calabrese Domenico Furgiuele, deputato della Lega, relatore in commissione trasporti della legge di conversione del Decreto Legge n° 35 del 31 marzo 2023 “Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria”. Con il sì del Senato il decreto sul Ponte sullo Stretto è legge.

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Il decreto legge n°35, convertito definitivamente dal Senato, resuscita il Ponte sullo Stretto di Messina, opera ciclopica di cui si discute a più riprese da ormai troppi anni, tralasciando i sogni del passato di unione tra le due sponde, che a ritroso ci riporterebbero sino in epoca romana. Il governo Monti, causa la contingenza del momento, affossò per i troppi costi il progetto e mise in liquidazione la società concessionaria Stretto di Messina Spa. Ora i giochi si riaprono, si revoca lo stato di liquidazione della Società, la si rifinanzia e si avanza a spron battuto verso l’ultima fase progettuale, quella esecutiva, con deadline al 31 luglio 2024. Regista di questa operazione è il Ministero delle Infrastrutture, che avoca a se anche l’attribuzione delle funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, nonché la costituzione di un comitato scientifico con compiti di consulenza tecnica, di supervisione e di indirizzo sulla progettazione. Altro ruolo importante acquisisce il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che diventa azionista di maggioranza della società concessionaria con almeno il 51%. Finanze e infrastrutture. Giorgetti e Salvini. Tutta l’operazione è quindi in mano alla Lega. Prima di poter percorrere i 3.300 metri di ponte, saranno ancora tante le cose da fare. Una fra tutte, la definizione del costo complessivo dell’opera e le singole voci di spesa che lo compongono, comprensivo dell’adeguamento progettuale, necessario, alle normative vigenti ed alla compatibilità ambientale. In ballo, si è detto, ci sono molti soldi. Sia per l’opera di per sé che per le necessarie opere complementari La rivisitazione progettuale sposta a 13,7 miliardi di euro il costo preventivato per l’opera. Risorse non ancora del tutto disponibili. La legge di conversione, approvata dapprima alla Camera, ha avuto il via libera dal Senato con alcuni aggiustamenti. Tra i quali la previsione di una convezione tra la concessionaria ed i comuni di Messina e di Villa San Giovanni, del costo di un milione di euro all’anno per sette anni, per un piano di comunicazione che informi i cittadini di questi comuni sullo stato di avanzamento dell’opera: forse a loro bastava aprire le finestre.

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