di Alessandro Silvestri
Prima di Musk, gli straricchi e padroni della Terra le cose le imponevano attraverso i salotti buoni e i circoli esclusivi, mentre oggi Elon Musk ha il pregio di dire apertamente – un ricco che esprime opinioni, secondo Meloni alla conferenza stampa del 9 gennaio scorso – quello che pensa, come nell’attacco diretto al premier britannico Starmer (reo innanzitutto di non stare nel club della destra padronale appena ricostituitasi). E questo è molto gagliardo, virile e anche cameratesco. Questa sinistra brutta, sporca e cattiva, guarda invece a Soros, uno che notoriamente ha finanziato la politica di mezza Europa creando ingerenze in banche centrali e governi, e speculando ampiamente come avvenne a spese della nostra Lira nel 1992 (-30% in pochi giorni) così come sulla Sterlina britannica, costringendo John Major a traslocare in fretta e furia dal numero 10 di Downing Street. Siccome siamo però la voce di un partito che la sinistra in Italia l’ha fondata, ci corre l’obbligo di sottrarci dai mantra mussoliniani, come quello dell’individuazione, se non della costruzione di sana pianta, del nemico. Visto anche che di caduti in tal senso, sul campo di battaglia della storia, ne abbiamo un bel numero. Compreso Bettino Craxi che oggi si celebra su queste pagine, con l’auspicio che un giorno anche il Paese arrivi a condividere questo sentimento non già di riabilitazione, che non ce n’è bisogno, ma di consapevole condivisione. Già, perché se è vero che George Soros prima di mettersi a fare il filantropo ha usato disinvoltamente gli strumenti della speculazione finanziaria, non ha oggi un ruolo politico paragonabile al De Paperoni console di Trump e amico dei fascismi; non possiede social network in grado di influenzare l’opinione pubblica occidentale; non ha rapporti stretti o contratti in discussione col nostro Governo. Se questo assunto non ci fa apparire Soros certo più simpatico, almeno riteniamo che non rappresenti più un pericolo imminente, come è invece Musk, anche se la nostra Presidente del Consiglio, ritiene che non lo sia. Ricordando a tutti, che fu proprio l’annus horribilis del 1992, quello dell’attacco e distruzione dei partiti con la più profonda e radicata cultura democratica di governo, a spalancare le porte ai populismi di ogni forma e colore, e dopo questa “cura” preliminare e sedativa delle coscienze popolari, a ridare smalto e nuova vita alle destre eredi degli assolutismi di cento anni fa, che sono rinate, per inciso, grazie a quello che è venuto dopo il 1992, non prima. Non dimentichiamolo. Perché quelli di prima sapevano molto bene come tenerli a bada gli estremismi, avendoci anche sanguinosamente combattuto. Ma non è un problema solo italiano, vista la crisi che sta scuotendo anche gli altri Paesi d’Europa. A proposito di riabilitazioni evitabili infine, ben possiamo fare un paragone ad esempio nel mondo del cinema, tra il film apologetico uscito di recente su Berlinguer, che politicamente perse tutte le battaglie di progresso del Paese, e che moralmente accettava che si alimentasse il Pci con i denari del blocco sovietico. A quello di Amelio, Hammamet, di cinque anni fa, dove si produsse invero una rappresentazione un po’ caricaturale della parabola finale di Craxi. Un film del cui dubbio valore non solo storico, un attore bravo e poliedrico come Favino, speriamo si sia nel frattempo fatto sorgere dei dubbi. Ecco, visto che sono ancora questi i dislivelli, è bene che siano ancora i socialisti a difendere la propria memoria e i propri leader, salutando con grande stima tutti coloro (e i tanti libri che stanno uscendo sul “caso C.” come dimostra anche questo numero) che ancora contro-corrente e controvento, cercano di rifare quei conti con la storia che ancora non tornano.