di Luigi Iorio
Abrogare subito la legge sull’autonomia differenziata. Questo deve essere, nei prossimi mesi l’obiettivo dei socialisti e del Paese. Negli scorsi giorni tutti i partiti di opposizione e le organizzazioni confederali Cgil e Uil si sono incontrate per depositare in Corte di Cassazione il quesito abrogativo della legge Calderoli e avviare quanto prima la campagna referendaria con la costituzione di un comitato promotore. Per i socialisti, tra i depositari il segretario nazionale Enzo Maraio. Il comitato ha invitato alla partecipazione il mondo delle associazioni che condividono l’obiettivo di fermare un’autonomia differenziata che acuirà i divari territoriali e le già insopportabili diseguaglianze che già adesso dividono il Paese, compromettendo le prospettive di crescita e di coesione sociale dell’Italia intera. Una legge che fa riferimento ipocritamente al rispetto dell’unità nazionale, ma di fatto sancisce la sua frantumazione attraverso una serie di intese particolari con singole regioni, col trasferimento di competenze strategiche ancora prima di definire i livelli essenziali delle prestazioni, rinviati a data da destinarsi e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. Già nel suo primo articolo la legge dichiara di voler favorire la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, la responsabilità, la trasparenza e la distribuzione delle competenze idonee ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’art.118 della Costituzione, nonché del principio solidaristico di cui agli artt 2-5 della Costituzione. Al contrario, di semplificazione, ma anche di accelerazione, c’è ben poco nelle procedure previste dalla norma. Tanto meno si può parlare di trasparenza o di principi solidaristici. Si instaurerebbe, in termini di riscossione dei tributi, un nuovo principio non esistente nel nostro ordinamento, quello della coercizione fiscale su base regionale e non nazionale, eludendo il principio costituzionale della progressività del sistema tributario basato sulla capacità contributiva di ogni cittadino, aprescindendo dalla residenza e dai confini territoriali dei governi locali. Una misura regressiva. Il danno della legge Calderoli finirà per aumentare i divari tra Nord e Sud: alla competizione sociale si aggiungerà quella territoriale; cresceranno ulteriormente le diseguaglianze a discapito della crescita del Paese. Da una parte del cosiddetto residuo fiscale che le regioni più ricche potranno trattenere per sé, dall’altra della frammentazione delle politiche pubbliche su materie di straordinaria rilevanza strategica come ambiente, energia, infrastrutture e istruzione. Pensare che sfide cruciali come la conversione ecologica del nostro sistema produttivo e la transizione digitale possano essere affrontate con scelte diverse per ciascuna regione, vuol dire non avere la consapevolezza della fase storica che stiamo attraversando. Per non parlare della regionalizzazione della scuola, che tra tutti i difetti di questo disegno di legge rappresenta, a nostro avviso, il più pericoloso per l’unità e l’identità culturale dell’Italia. Per comprendere i rischi dell’autonomia differenziata va analizzato anche il tema dell’autonomia fiscale. Il termine tecnico è fiscal decentralization, e si riferisce al trasferimento alle Regioni della responsabilità di reperire, distribuire e utilizzare le risorse fiscali per un certo servizio pubblico. Questa idea distorta, costituisce una minaccia per i servizi di assistenza e per le fasce di popolazione che dovrebbero beneficiarne. Ogni regione finanzierebbe sanità, istruzione, e le altre competenze acquisite sulla base delle proprie risorse. Venti idee di Paese e società diverse. È evidente che le regioni economicamente più forti sarebbero in grado di fornire servizi migliori, magari privatizzandoli a vantaggio delle fasce di reddito più alte, creando quindi anche diseguaglianze nei loro territori. Le regioni economicamente più deboli resterebbero indietro, perché lo Stato non avrebbe risorse sufficienti per un fondo integrativo in grado di abbattere i divari sociali ed economici. Non dovrebbe invece essere possibile la regionalizzazione della scuola e dare all’istruzione norme diverse a seconda del territorio, perché questo creerebbe una disparità enorme, con ordinamenti scolastici diversi da regione a Regione. Le leggi regionali potrebbero disciplinare l’istituzione di ruoli del personale della scuola, la loro consistenza organica, la stipulazione di contratti collettivi regionali, con gravi e devastanti conseguenze sulla tenuta delle finalità nazionali dell’ordinamento scolastico. Inoltre la stessa autonomia scolastica, costituzionalmente riconosciuta, rischia di essere pregiudicata e collocata in ambito subalterno rispetto alle nuove funzioni e poteri regionali e locali. Questa legge, voluta dall’attuale Governo, ha generato una reale reazione in tutte le Regioni meridionali, comprese quelle attualmente governate dal centrodestra. È lo stesso principio dell’unità nazionale ad essere messo in discussione. Pertanto il Psi, con tutte le forze dell’opposizione, porterà avanti l’iniziativa referendaria ed ogni altra attività che punti ad affossare questa scellerata scelta del governo di centrodestra.