di Luigi Tivelli
presidente della Academy di cultura e politica Giovanni Spadolini
Sin dall’età di 14 anni avevo due miti e due fari. Già in fuga dal troppo imperante marxismo, ma leaderino studentesco un po’ affermato, avevo scoperto Ugo La Malfa. L’altro, purtroppo tragicamente assassinato da una squadraccia fascista cento anni fa, era Giacomo Matteotti, un faro e mito per me, che vivevo nel suo Polesine. Oggi, in occasione del centenario, sono lieto che finalmente si ravvivi, come merita, la sua memoria con una trentina di libri su di lui, con tante iniziative, soprattutto perché la memoria della sua azione e delle sue opere può trasferire nel modo migliore alle nuove generazioni, e ricordarlo alle stesse classi dirigenti, il miglior significato della cultura politica. L’Avanti! se ne è già ampiamente occupato; la fondazione Matteotti sta svolgendo egregiamente il suo lavoro; come del resto il Comitato per il centenario. Un sano antifascismo ce lo ho nel sangue e nei cromosomi, ed anche per questo posso dire che non è che serva più di tanto agitare la figura di Matteotti come una clava contro rischi di sedicenti ritorni del fascismo, che per fortuna non si vedono… Il punto è riflettere su quanto sia attuale la lezione politica, civile e sociale di Giacomo Matteotti. Egli è in primo luogo un modello di sana pedagogia civile, come emerge tra l’altro nel libro di Alberto Aghemo “La scuola di Matteotti. Un’idea di libertà: istruzione, democrazia e riscatto sociale” (Rubbettino); e tutti abbiamo bisogno di ben più pedagogia civile di quanto si possa ritenere. È quello che anche io sto, tra l’altro, cercando di fare in qualità di presidente dell’Academy di cultura e politica Giovanni Spadolini. Non a caso basata su un recupero di un sano senso della memoria storica contro il “presentismo” (anzi l’ ”oggicrazia”) imperante; sull’impegno a superare il divorzio tra cultura e politica; la valorizzazione del valore e fattore del merito. Una Academy che in questo senso si pone anche come Accademia del Talento. E chi meglio di Matteotti può rappresentare uno dei migliori esempi di talento politico? Certo un talento tragicamente soppresso in giovane età, come fu poi Piero Gobetti, anche lui ucciso dal fascismo. Ma chiunque sfogli le pagine di quella trentina di libri pubblicati in occasione del centenario trova un Matteotti finalmente, per certi versi inedito, rispetto alla troppo scarsa o viziata pubblicistica precedente sul grande martire del fascismo. Un vero simbolo di talento, non solo per il suo impegno concreto e sobrio, lontano da ogni tentazione massimalista, ma anche perché il suo era un modello di un riformismo documentato, fondato sui contenuti precisi, spesso dopo aver passato giorni interi nella biblioteca della Camera facendo studi, ricerche e approfondimenti. Quanti sono oggi invece i parlamentari che dedicano un tale impegno allo studio delle questioni concrete e che amano e sanno studiarle? Per fortuna di più rispetto a quelli della scorsa legislatura, troppo dominata dai Cinquestelle e dalle demagogie dell’ “uno vale uno” e dell’ “ignoranza al Potere”, ma sempre troppo pochi. Quindi Matteotti è anche un modello in quanto talento di quasi “problemismo” e “concretismo” salveminiano, per certi aspetti molto più vicino al modo di studiare le questioni economiche e sociali di un Ernesto Rossi, piuttosto che agli approcci dogmatici di certi socialisti massimalisti. Ma Matteotti è poi anche un grande maestro di uno dei veri fattori che poi sono venuti a mancare in questo Paese: il coraggio civile. Il coraggio di chi vive la politica e affronta le questioni sociali con una sana “etica della convinzione”, mentre oggi essa è troppo spesso, soprattutto nella classe politica, sostituita da una diffusa “etica della convenienza”. Forse nel terzo settore, nel volontariato, in quei settori di impegno sociale, c’è ancora un sano coraggio civile. Ma quanto è diffuso il coraggio civile tra le classi politiche e buona parte delle classi dirigenti? Chi dà ai giovani sani esempi di tale valore? Di battersi per le proprie “convinzioni” e non di sgomitare per salire di volta in volta sul carro del vincitore dietro a facili “convenienze”? Mi sembra questa la più significativa lezione di impegno civile che viene dall’esempio e dalla vita di Matteotti, aldilà del suo sacrificio estremo. Oggi nessuno chiede giustamente sacrifici estremi, ma è necessario ricordare che senza coraggio civile le stesse infrastrutture sociali e politiche di un Paese possono diventare man mano rachitiche.