di Stefano Amoroso
C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole. Andiamo avanti tranquillamente”. Chissà se Conte conosce questo verso di una canzone di De Gregori, che s’intitola “I muscoli del capitano”. Non sappiamo, ma quel che è certo è che si sta comportando come se quella davanti alla nave da lui guidata sia solo nebbia passeggera e non il fumo dell’artiglieria grillina che, da diversi anni in qua, a più riprese lo bersaglia. Invano, finora. L’avvocato del popolo, che in pochi anni è passato da perfetto sconosciuto ad uno dei protagonisti della politica nazionale, è un uomo intelligente e scaltro, dalle doti di adattamento non comuni. Dopo aver presieduto il governo più a destra del Dopoguerra italiano, Giuseppe da Volturara Appula si è trovato a suo agio come Presidente del Consiglio nel governo più di sinistra di tutti, durante il quale ha gestito la difficile fase della pandemia da Covid 19 in Italia. Tutti ricordano quei terribili giorni: per alcune settimane il Governo brancolò nel buio, senza una linea chiara. A far uscire il Paese dal vicolo cieco in cui ci stavamo ficcando, intervenne il Ministro alla Sanità, Speranza, che fece capire ai colleghi di Governo che non esisteva un vero e proprio piano pandemico, e che quindi tutta l’Italia, e non singole aree, andava considerata a rischio pandemia. Ma questa è un’altra storia. Una delle caratteristiche di Conte è questa: si adatta alle circostanze e cerca sempre, scaltramente, di apparire il leader delle coalizioni che guida, ed il cervello delle operazioni. Un’altra delle caratteristiche peculiari di Conte è che personalizza i contrasti politici, il che è molto antipolitico (in politica, recita un adagio, non c’è mai nulla di personale) ma lo rende popolare presso il cittadino comune, che in questo modo lo sente più vero e meno ipocrita dei suoi colleghi. Questo spiega perché, ancora oggi, Conte non riesca a parlare serenamente né con Salvini (non gli ha perdonato il Papeete), né con Renzi (non dimentica lo sgambetto che mise fine al Conte Due). E qui torniamo ai rapporti con Beppe Grillo. I due non si sopportano da tempo, perché hanno due visioni opposte della politica e del ruolo dei Cinquestelle nel panorama politico italiano. Secondo l’ex comico genovese, infatti, il Movimento dovrebbe restare quello delle origini: il “vaffa”, la democrazia diretta, l’uno vale uno, il limite dei due mandati ed i meetup per decidere anche il colore delle tende nelle sedi. Per il professore di diritto Conte, invece, la fase dello spontaneismo è finita e c’è bisogno di una cornice ideale, e di regole, all’interno delle quali far crescere il Movimento. Per capire quale sia la posizione più ragionevole tra quelle sostenute dai due, basta guardare alla fine che hanno fatto tutti gli altri movimenti europei che propagandavano la democrazia diretta, nati con l’inizio del nuovo millennio ma ormai già morti, o moribondi: i “pirati del web”, che ebbero un certo successo nei Paesi del Nord Europa, si sono persi nelle fitte nebbie del Mare del Nord; Podemos in Spagna ha appena quattro seggi al Congresso iberico, ed è confluito nella coalizione Sumar che appoggia Sanchez. Quanto a Syriza, in Grecia, è numericamente ridotta e, dopo varie scissioni, è tornata nell’ovile della sinistra tradizionale per non scomparire. Tutti gli altri movimenti antipartito, soprattutto nell’Europa dell’Est, hanno svoltato a destra e sono scivolati nel nazionalismo, a volte nello sciovinismo. I Cinquestelle, nonostante i loro numerosi errori ed incongruenze, restano ancora il terzo partito d’Italia. Ed è un partito che, liberatosi di Salvini, del nulla movimentista (Di Battista), ma anche di quello ben pettinato (Di Maio), si candida ad assumere la forma di un partito della sinistra radicale europea, rinnegando le sue origini di partito senza regole, demagogico, populista, che ha fatto danni al Paese in stile Di Pietro: sventolando cappi, approvando vuote leggi “spazza corrotti” (che hanno solo complicato la vita di tanti amministratori locali e dirigenti pubblici), nel nome di una purezza che loro stessi hanno perso arrivando al potere. Ricordiamo tutti i tempi in cui volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, quando i parlamentari si facevano chiamare cittadini, l’epoca in cui non potevano andare in tv e tante altre amenità. Ora che sono ben inseriti nei meccanismi di potere, però, sono più democristiani dei Dc. Odiamo dirlo, ma ve lo avevamo detto: non è mai troppo tardi. I Cinquestelle sono come un soufflé esploso in forno: di questa massa informe ora si vuole appropriare definitivamente l’Avvocato Conte, per farlo apparire un dolce sopraffino da servire sulle tavole elettorali degli italiani. Chi vivrà, vedrà. Noi ci permettiamo di coltivare il nostro scetticismo sull’esito dell’ennesima giravolta grillina: il giro-Conte.