La “cultura” della destra italiana tra avanspettacolo e reality di basso livello

di Stefano Amoroso

Le lacrime di Sangiuliano in prima serata, pochi giorni fa, a proposito dell’affaire Boccia, rappresentano molto bene quanto c’è di grottesco ed improvvisato in questa maggioranza di governo. Il ministro della Cultura, che ritarda di una ventina di minuti l’inizio della popolare trasmissione “Affari tuoi” per farci partecipi di un bel po’ di fatti suoi, non poteva scegliere palcoscenico migliore per la sua sgangherata autodifesa: intervistato da un direttore di telegiornale di stretta osservanza FdI, ed a ridosso di un programma d’intrattenimento per famiglie, ha involontariamente espresso la cifra culturale di questa destra di Governo: tra avanspettacolo, intrattenimento, soap opera ed informazione di regime. Di Sangiuliano, adesso che non è più ministro della Cultura, da ora e per un bel pezzo si occuperanno le cronache giudiziarie e forse quelle rosa, ma certamente la sua eredità resta. Il Ministero della Cultura è rimasto per lungo tempo un dicastero di serie B, meno importante e meno ricco di altri. Tutto è cambiato con l’avvento del primo Governo Prodi, nel 1996, e la nomina di Walter Veltroni a ministro dei Beni Culturali e Vicepresidente del Consiglio. Un’accoppiata decisamente insolita, che diede la cifra di quanto la sinistra di allora desse importanza alla cultura. Da quei due anni e mezzo, a cui ne seguirono altrettanti di Giovanna Melandri (con i governi D’Alema e Amato), scaturirono tante idee brillanti, destinate a fare scuola: le aperture gratuite dei musei, le maggiori agevolazioni per i giovani ad usufruire del nostro grande patrimonio culturale, e poi ancora la creazione del grande Auditorium Parco della Musica e del Maxxi a Roma, ma anche il rilancio e la valorizzazione di tanti musei e parchi archeologici disseminati lungo tutta la Penisola, in quella provincia da cui troppo spesso i giovani più qualificati scappano per mancanza di stimoli culturali ed opportunità di lavoro. Quella di Veltroni, Melandri, poi Rutelli (con il Prodi bis, nel 2006) e successivamente Franceschini, è stata un’idea di cultura aperta, innovatrice e per nulla chiusa alle novità che venivano dal resto del mondo. Certo, nessuno di questi, o di altri esponenti politici di sinistra, si è mai sognato di dare etichette di destra o sinistra ai grandi autori del passato (ci sarebbe mancato solo un Petrarca “di sinistra”, in contrapposizione ad un Dante “di destra”, come sostenuto da Sangiuliano). E l’eredità tangibile che è stata lasciata alle attuali e, speriamo, future generazioni, è quella di un patrimonio culturale rinato, rinnovato e, soprattutto, di tutti. Sia dei giovani che degli anziani, sia di destra che di sinistra. Ultimo aspetto, ma non meno rilevante: oggi il patrimonio culturale italiano funge, più di ieri, da importante traino per il turismo, che rappresenta il 13% del Pil italiano. Non a caso, Francesco Rutelli volle per sé anche la delega al turismo, nella convinzione, rivelatasi giusta, che la cultura potesse fare da volano alla crescita del turismo. Che eredità ci lascia, invece, il primo biennio del Ministero della Cultura a guida di un post missino? Scandalo Boccia a parte, restano le numerose e gravi gaffes (una tra tutte quella di Cristoforo Colombo che, per compiere i suoi viaggi di circumnavigazione del globo, si sarebbe ispirato alle teorie di Galileo Galilei, nato in realtà quasi cento anni dopo la sua morte) e le nomine di amici e sodali, come quella del criticato direttore d’orchestra Venezi, figlia di un esponente della destra di Lucca. E sul piano più strettamente culturale? Sul piatto della bilancia vanno messi il mancato finanziamento al pluripremiato film di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, campione d’incassi sia in patria che all’estero, l’organizzazione ancora molto fumosa di una grande mostra sul futurismo italiano e la mostra, realizzata in grande stile, sulla saga del “Signore degli anelli” e su Tolkien. Si tratta di un grande mito per la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e per il suo cerchio magico. E quindi dovrebbero sapere che il cuore del messaggio di Tolkien è quello di distruggere l’anello del potere, cioè di rifuggire le tentazioni mondane, per ritrovare la propria serenità e l’autenticità dei rapporti con gli altri: tutto il contrario di quello che sta facendo la compagine governativa, che sembra essere piena di persone molto piccole, avide di potere e di ricchezza. Non resta che aspettare: prima o poi cominceranno a distruggersi tra loro, ed alla fine arriverà il drago che li spazzerà via con le loro sordide e piccole ambizioni personali.

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