di Giada Fazzalari
Il corpo delle donne esibito come atto rivoluzionario, di eroismo e ribellione. La nudità come sfida al regime teocratico islamico iraniano, un Paese dove una ciocca di capelli fuori posto può costarti la vita, come è successo a Masha Jina Amini. Le immagini della studentessa che espone il proprio corpo nudo è un gesto potente. Un altro colpo al regime di Teheran, dove, ogni giorno, cresce il dissenso alle leggi che comprimono i diritti. Maryam Pezeshki vive in Italia da anni in una condizione di rifugiata politica. Sua sorella è stata eliminata dal regime teocratico iraniano. È un’attivista politica che è uscita allo scoperto partecipando attivamente alle iniziative di lotta per quanto sta accadendo nel suo Paese. Il regime è in grado di colpire all’estero i propri oppositori. E non ha paura di parlare e continuare, anche con questa intervista all’Avanti! della domenica, la sua battaglia coraggiosa per le libertà del suo popolo.
Ha fatto il giro del mondo l’immagine della studentessa di Teheran che è stata vista per l’ultima volta camminare seminuda all’Università Azad, per poi essere arrestata dalla polizia morale iraniana. Che cosa ha pensato quando ha visto quelle immagini?
«Il gesto eclatante di questa ragazza è stato eroico, ha sfidato il regime esibendo il suo corpo. È quasi nuda e non si percepisce la volgarità ma la potenza incredibile di quel gesto. Donne come lei aumentano ogni giorno, sono sempre più numerose. Un atto di ribellione autentica che provoca al tempo stesso ansia e fiducia.»
Cosa intende?
«Della ragazza non si hanno più notizie da giorni. Pare sia stata trascinata in un ospedale psichiatrico, dopo essere stata sottoposta a gravi aggressioni fisiche e arrestata dalle guardie della Rivoluzione Islamica. Aggredita dalla polizia morale, come succede ormai troppo spesso, per non aver rispettato le regole sul velo e per essersi ribellata alla repressione cui da anni sono sottoposte le donne iraniane.»
La versione del regime è che la giovane soffrirebbe di problemi mentali…
«È l’accusa che viene spesso attribuita agli oppositori. I precedenti sono spaventosi. Masha Jina Amini è stata fermata per una ciocca di capelli fuori posto e non è mai più tornata a casa. Da allora si sono scatenate dure proteste da parte di tante donne e ragazzi iraniani.»
È questo il segnale di fiducia a cui faceva riferimento?
«Sì. Le donne guidano una ribellione pacifica e non violenta e proprio loro possono cambiare tutto. Migliaia di ragazzi riconoscono gesti come quello della studentessa come rifiuto delle leggi che limitano la loro libertà e comprimono i loro diritti.»
Molti di quei ragazzi vivono da sempre in una condizione di repressione…
«Da 45 anni in Iran le leggi sono basate sulla religione che è paura, terrore, punizione, in particolare verso le donne. Da quando è stata instaurata la repubblica islamica, le donne iraniane regolarmente sono oggetto di aggressioni fisiche e molestie. La sorte che è capitata a mia sorella. Alle donne viene imposto il velo, vengono forniti fazzolettini per pulirsi il trucco davanti agli agenti della polizia morale e se non obbediscono vengono afferrate, schiaffeggiate, manganellate, ammanettate. La punizione per aver fatto gesti contro la pubblica decenza consiste in frustate o la reclusione.»
Da quando si è allontanata dalla sua terra, come vede il suo Paese?
«Faccio tutt’ora gli incubi. Come è capitato alla ragazza di Teheran, vedo apparire attorno a me donne vestite di nero che vogliono impedirmi di vivere, di dare sfogo alla mia creatività, di avere accesso ai miei diritti. Il regime, così facendo, si sta suicidando. Perché la società si sta ribellando. Sta cadendo un Muro.»
E sono le donne ad abbatterlo?
«Sì. In Iran la parola donna viene associata alla ribellione. Saranno loro a guidare questa rivolta collettiva. E lo faranno con il proprio corpo, al grido “donna, vita, libertà”. Perché in fondo, il corpo nudo delle donne, è un atto politico.»