Intervista a Alan Friedman: «In usa a rischio la coesione sociale. Se vince Trump, Nato in bilico e Putin si rafforza»

Intervista di Giada Fazzalari

Trump sarà più forte in vista delle elezioni Usa dopo l’attentato in Pennsylvania perché, come in un grande show, vuole apparire come un martire ed eroe. Il tutto mentre i dem americani vogliono sostituire Biden, evidentemente indebolito dai problemi di salute degli ultimi tempi. Un fatto che, in un momento del genere, significherebbe consegnare la vittoria a Trump. È la sintesi di un passaggio dell’intervista al giornalista e scrittore statunitense Alan Friedman, che analizza, in questa intervista all’Avanti! della domenica, i nuovi scenari che, in modo dirompente, si sono aperti dopo il comizio di Butler. E che possono influenzare le elezioni americane di novembre e, con esse, anche il futuro del nostro Continente.

 

Una campagna elettorale che sembrava piuttosto piatta, ma che dopo l’attentato di Butler si riapre con uno scenario completamente diverso. È stato quello un evento spartiacque tra un prima e un dopo?

«Credo che l’attentato a Trump, più che uno spartiacque, sia stato uno dei momenti di escalation della violenza quasi quotidiana che caratterizza la società americana e che adesso fa parte anche della politica. Tra le tragedie in corso in America, una delle più preoccupanti è che si sia arrivati a un livello di odio che sì è normalizzato nella società e che Trump ha contribuito ad incitare negli ultimi anni. Trump dal 6 gennaio del 2021 ha aizzato l’insurrezione. È lo stesso che ha chiamato i neonazisti “gente perbene”, che con una retorica incendiaria da anni oramai incita la violenza contro i suoi nemici, che minaccia i giudici e sui diritti si comporta peggio di Orbán. È un mix tra Orbàn e Al Capone».

Come da copione, sono già emerse le teorie complottiste.

«Non credo alle teorie complottiste. Anzi, ironia della sorte, Trump è stato vittima proprio di un trumpiano, un ragazzino, un poveraccio. Sembrerebbe, invece, che ci sia stata una grande incompetenza dei servizi segreti di far fronte all’attentato. Ma questo avremo modo di verificarlo attendendo i risultati dell’istruttoria».

Molti osservatori sostengono che Trump stia sfruttando l’attentato per far emergere il candidato come “l’eroe”, colui che schiva le pallottole perché preservato da un bene supremo, destinato ad una missione…

«Trump durante la convention repubblicana a Milwaukee si è presentato come eroe ferito, come martire, si è paragonato a Gesù Cristo pubblicamente e i suoi “evangelici” dicono che ci sia stata la mano di Dio a salvargli la vita. E lui ogni giorno capitalizza tutto questo a favore di se stesso. È un truffatore, un imbroglione. Donald Trump recita la sua parte come se si trovasse in un reality show, tra l’altro con grande efficacia. E rischia di essere il prossimo presidente».

Sino a pochi giorni fa il centro dell’attenzione era il caldeggiato passo indietro di Biden ed il totonomi per un nuovo candidato. La campagna democratica sembra trovarsi ora completamente frastornata…

«Non si è spento questo tentativo da parte di Nancy Pelosi, Barack Obama, Hilary Clinton e dell’elite del patito di far fuori Biden. Anzi, Adam B. Schiff, un grande e importante deputato democratico della California, ha persino detto che se Biden rimarrà il candidato, i repubblicani prenderanno la Camera, il Senato e la Casa Bianca e i democratici saranno asfaltati. Ci troviamo con un Partito Democratico che dopo il disastroso dibattito del 27 giugno, ha fatto un vero e proprio processo a Biden. Tra i più spietati ci sono proprio Obama e Nancy Pelosi».

E quali saranno, a suo avviso, i prossimi passi dei dem americani?

«Mentre Trump sceglie un vice, JD Vance, di estrema destra – omofobo, anti abortista, anti migranti, filo putiniano – a questo punto la cosa più normale sarebbe che un partito democratico che vede Trump che emerge rafforzato dall’attentato – perché questo è l’effetto, un incredibile rafforzamento – dovrebbe unirsi attorno al presidente con quel senso di unità degna di un momento di crisi nazionale così profonda, che l’America sta attraversando. La coesione sociale, in gran parte degli Stati Uniti, è a rischio, il Paese è spaccato».

E Biden che conseguenze dovrebbe trarne?

«Per me Biden dovrebbe rimanere candidato ma i Dem sono convinti che sarà un disastro. Non si rendono conto che se nominano una Kamala Harris o qualcun altro, sprecano un mese di tempo fino al 22 agosto e intanto Trump avrà già vinto due volte».

Crede quindi che Biden sia in condizioni di restare il candidato? E in che modo, vista la situazione?

«Credo di sì. È un signore di 81 anni e sicuramente io, come il 75% degli americani, preferirei senza dubbio che al suo posto ci fosse una persona più giovane. Ma noi americani abbiamo un dilemma terribile, perché abbiamo un uomo onesto che ha fatto molto per i lavoratori, per i diritti delle donne, per i diritti degli LGBT community e ha fatto tanto per stimolare l’economia energetica alternativa e per difendere l’ambiente e le politiche green. Biden è un grande presidente, che ha realizzato programmi degni di Roosevelt. Ma dall’altro lato viene descritto da Trump come un vecchio incompetente. Noi americani abbiamo davanti a noi una scelta tra un signore che sembra rincoglionito e l’altro un delinquente che vuole imitare Victor Orban a Washington».

In Europa, la destra nazionalista tifa Trump e per sostenere questa posizione, ripete il mantra che con Trump alla Casa Bianca, cesserebbe subito il conflitto nel cuore dell’Europa, in Ucraina.

«Quando si parla della destra estrema in Europa io penso ai filoputiniani come Le Pen in Francia, Salvini in Italia, Orban in Ungheria, Vox in Spagna. Insomma penso a una destra becera e ignorante, estrema e radicale. E questi ‘patrioti’ spesso collaborano con Mosca. Lo si vede ad esempio dalla lettera che Orban ha inviato ai leader europei, da presidente di turno per sei mesi della Ue, dove il presidente ungherese sostiene convintamente la propaganda di Putin, dicendo che quando Trump sarà eletto sarà in grado di risolvere il problema della guerra prima di giurare nel 2025, perché il piano è sviluppato già. Tutti sanno che un presidente gli Stati Uniti eletto a novembre viola la legge se cerca di condurre la politica estera primadel gennaio successivo, quando giurerà sulla Bibbia. Qui Orbán sta invitando Trump a commettere un reato».

E come potrebbe cambiare l’Europa dovesse vincere Trump?

«La prima cosa da fare se vince Trump è che l’Europa deve capire come salvare l’Ucraina, perché Trump taglierà i soldi per le armi all’Ucraina. Consegnerebbe la testa di Vladimir Zelensky su un vassoio d’argento a Vladimir Putin. A quel punto si troverebbe con un Putin non più punibile e un Trump che fa quello che vuole. L’ Europa dovrebbe organizzarsi in fretta per difendersi perché con Trump l’America mollerebbe la Nato. O la lascerebbe dormire profondamente».

 

Ti potrebbero interessare