Indulto non significa liberare i criminali. L’emendamento Costa va nella direzione giusta

di LM.C.

L’Avanti! scrive dell’ineluttabilità di una riforma del sistema penitenziario da mesi, per non dire da anni. Abbiamo evidenziato le carenze drammatiche degli organici, l’orrore della violenza, la disumanità del sovraffollamento e delle strutture fatiscenti, lo strazio dei suicidi. Abbiamo anche formulato delle proposte di intervento: dall’indulto alla detenzione domiciliare automatica con obbligo di lavoro ai condannati per reati non violenti. Mentre facevamo tutto questo, la politica, e, in particolare, la maggioranza di destra, è passata attraverso la sottovalutazione del problema, le alzate di scudi al grido di “vogliono liberare i criminali”, le foglie di fico, i pannicelli caldi, e tutto l’armamentario di chi si contorce per non affrontare una realtà scomoda. Anche nell’opposizione, per la verità, non sono mancati esempi di questo genere. Poi, lo scorso 7 agosto, nel dibattito parlamentare sulla conversione in legge dell’inutile decreto carceri voluto dal ministro Nordio, un parlamentare di opposizione, l’On. Enrico Costa di Azione, presenta un ordine del giorno in cui si ipotizza un trattamento differenziato per coloro a cui sono imputati reati che non coinvolgono l’incolumità delle persone. L’iniziativa parlamentare riguarda i casi di custodia cautelare, è vero, ma è chiaro che un principio che distingua i reati contro l’incolumità da quelli non violenti, una volta affermato, non limita la sua validità alla sola carcerazione preventiva. E infatti, poco dopo ferragosto, il ministro Nordio dichiara che a settembre promuoverà un provvedimento che preveda la detenzione domiciliare come forma automatica di esecuzione della pena per le condanne di minor allarme, senza passaggio attraverso il magistrato o il tribunale di sorveglianza. Gli elementi oggettivi della questione sono i seguenti: per rendere gestibile l’equilibrio tra numero dei detenuti, strutture detentive e organici del personale, è necessario ridurre la popolazione carceraria di circa 20.000 unità. Lavorando su singole categorie di detenuti – parte delle custodie cautelari, definitivi a pena residua inferiore a un anno, ecc…- secondo le ipotesi circolate, si resta ben lontani da quel traguardo. Inoltre, bisogna tenere conto della sensibilità dell’opinione pubblica, istintivamente contraria a sconti di pena. Gli spunti che sono emersi dall’ordine del giorno Costa e dalle dichiarazione del ministro, tuttavia, risulterebbero coerenti con le due esigenze evidenziate (riduzione sostanziale dei detenuti in carcere e mantenimento dell’espiazione della pena) se si seguisse la strada che abbiamo indicato sull’Avanti!. Infatti, la detenzione domiciliare automatica per categorie di condannati meno pericolosi risolve il problema se il criterio di individuazione dei beneficiari viene individuato non sulla base della pena residua, ma in relazione al tipo di reato commesso. Cioè prevedendo che coloro che sono condannati non avendo leso l’incolumità delle persone scontino la pena direttamente ai domiciliari, senza preventiva valutazione della magistratura di sorveglianza, anche oltre il limite dei due anni. Si tratta di persone che non mettono a rischio l’integrità fisica dei cittadini, che non è prevedibile commettano atti violenti, e che sarebbero comunque soggetti a una privazione della libertà personale idonea a concretizzare l’elemento punitivo della sanzione. Per i casi di mancanza di alloggio o ospitalità famigliare idonei, si potrebbe prevedere un incentivo alle strutture caritatevoli o senza fine di lucro disposte a ospitarli, pari a una quota della spesa che lo Stato sostiene, comunque, per ogni detenuto in carcere, e quindi impegnando una parte dei risparmi. Esistono le condizioni politiche per pervenire all’approvazione della soluzione ipotizzata dai socialisti, nonostante gli evidenti mal di pancia di una parte della maggioranza e, in minor misura, di una parte dell’opposizione? Pare di poter dire di sì, sia sulla base delle dichiarazioni del ministro che, soprattutto, alla luce del voto parlamentare sull’ordine del giorno Costa, votato a larga maggioranza (i due terzi dei votanti) e in modo trasversale alla Camera dei Deputati. Cominciare a prevedere che, per chi non sparge sangue, il carcere non è più il modo di elezione per scontare le pene, pur mantenendo ferma la durata delle stesse e la privazione della libertà, sarebbe davvero un progresso per l’intera società.

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