Il socialismo non è mai stato a destra

di Gerardo Labellarte

Abbiamo assistito, in occasione del venticinquesimo anniversario della morte in esilio di Bettino Craxi, ad una serie di importanti prese di posizione provenienti dai settori più vari della politica, della comunicazione e della società civile in generale, tendenti a dare il giusto valore all’esperienza politica ed umana del rimpianto leader socialista. Primo tra tutti il pregevole intervento del Presidente della Repubblica che ha saputo, come sempre, trovare le parole più sensibili e appropriate. Ma non sono mancate prese di posizione altrettanto significative dalla destra e dalla sinistra dello schieramento politico. Citerò quelle di Ignazio La Russa e Antonio Tajani, testimoniate anche dalla loro presenza ad Hammamet, e il lungo e interessante articolo di Goffredo Bettini, denso di riconoscimenti molto coraggiosi per chi proviene e rivendica in pieno la storia comunista. Non condivido l’atteggiamento di quei socialisti che rispondono a questi riconoscimenti importanti, da qualsiasi parte provengano, con atteggiamento sussiegoso perché li giudicano tardivi. Spesso lo sono ma vanno comunque apprezzati, e bisogna augurarsi che divengano sempre più numerosi e convinti. La storia renderà giustizia alla vicenda di Craxi e dei socialisti, ma la storia ha i suoi tempi. Tuttavia se vanno apprezzati riconoscimenti e ravvedimenti, da qualunque parte essi provengano purché servano a ricostruire la verità delle cose, non si possono in alcun modo accettare letture e ricostruzioni che tendano invece a distorcere la verità, gli atteggiamenti e i comportamenti di ciascuno negli anni bui della cosiddetta Tangentopoli. In particolare è intollerabile la narrazione di chi tende a sminuire il sostegno assoluto che i partiti e i giornali di destra fornirono alla furiosa campagna della magistratura milanese, sostegno che fu assoluto e incondizionato. Non ci fu soltanto lo spregevole episodio dello sventolio del cappio in Parlamento, operato dal leghista comasco Luca Leoni Orsenigo, unico atto della sua breve vicenda politica. Il suo leader di allora, Umberto Bossi, tra tante dichiarazioni vergognose sue e dei suoi sodali, ebbe a definire l’avviso di garanzia a Craxi “uno squallido episodio di cronaca nera”. Vittorio Feltri inneggiò a tutti i provvedimenti del periodo delle cosiddette “Mani pulite”. Dell’atteggiamento delle reti berlusconiane si è scritto molto ed è lo stesso Craxi ad esprimere in merito un giudizio definitivo nelle sue lettere. Si è detto della presenza di squadre di destra davanti all’hotel Raphael. Innumerevoli le prese di posizione di Gianfranco Fini, segretario all’epoca del Movimento Sociale Italiano, che si dichiarava più volte schifato e che si spinse a sostenere che “il mastice dell’antifascismo serve a tenere uniti i ladri”. Potremmo continuare per pagine e pagine, e non mancheremo di farlo. Benvenute le riflessioni, le rivisitazioni ed anche i pentimenti rispetto ai giudizi e agli atteggiamenti tenuti in quel periodo e ai giudizi formulati allora su Bettino Craxi. Ma nessuno, tantomeno a destra, può cancellare quei giudizi e accampare o rivendicare una inesistente verginità.

Ti potrebbero interessare