di Daniele Unfer
Senza dubbio quello raggiunto dal governo è un bel primato. È riuscito a collezionare due scioperi quasi contemporaneamente: quello dei sindacati, per la precisione di Cgil e Uil, manca la Cisl, e quello dei medici. Due scioperi che non sono ridicoli, come dice Salvini, ma sono il segno di un Paese in sofferenza con un pezzo largo di popolazione in difficoltà e rimasta al di fuori dei radar dell’azione dell’esecutivo. Uno sciopero contro la retorica del Presidente del Consiglio che dipinge una realtà che non esiste. Uno sciopero generale per denunciare che le condizioni reali del Paese richiedono risposte concrete e non annunci retorici conditi di numeri non rispondenti al vero. Viene detto che mai l’occupazione è stata così alta ma si nasconde che mai è stata così povera. Se l’occupazione sale e il Pil non aumenta è facile capire che gli stipendi diminuiscono: è occupazione povera. La conferma del cuneo fiscale, non fa crescere i salari, ma consolida solo quello che è già in busta paga, cosicché quella di gennaio 2024 sarà uguale, se non addirittura di poco inferiore, a quelle di quest’anno. Il recupero della perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni resta una priorità. Ma il grande tema è la sanità. Qui c’è il capolavoro del Governo. Non ha mantenuto nessun impegno. La promessa di non tagliare si è trasformata in una riduzione, per il 2025, del finanziamento. L’incremento di 2,5 miliardi per il 2025, che porta in dote 1,2 miliardi dalla manovra 2024, aumenta il fondo sanitario nazionale a 136,5 miliardi, di fatto solo dell’1% in più rispetto a quanto già fissato nel 2024. In termini di percentuale di Pil, il fondo sanitario nazionale scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, per poi precipitare al 5,9% nel 2027, al 5,8% nel 2028 e al 5,7% nel 2029. Insomma in percentuale al Pil, contrariamente a quando dice il ministro Schillaci, gli investimenti in sanità scendono, trasformando l’Italia sempre di più nella Cenerentola d’Europa. Una manovra che non scontenta solo i sindacati, ma anche Confindustria, che parla di economia italiana in sostanziale stallo mentre al Paese servirebbe una manovra incisiva, con una visione di politica industriale, invece al momento le risposte date sono del tutto inadeguate ai problemi e ai rischi. Insomma è gelo totale anche da parte degli industriali. Di solito, quando le manovre sono criticate dai sindacati, sono apprezzate dagli industriali. In questo caso invece no. Gli attacchi sono bipartisan, perché non ci sono investimenti in nessun settore, ma solo tagli, mentre allo stesso tempo il Governo getta miliardi dalla finestra per i suoi assurdi progetti di deportazione dei migranti in Albania. Il tutto mentre le prospettive di crescita sono orientate al ribasso. Gli emendamenti della maggioranza sono ridicoli, come ad esempio abbassare il canone Rai. Una misura che dà il segno della pochezza di vedute di una coalizione la cui azione politica si traduce nel piantare qualche bandierina ideologica. In una situazione come questa, frutto anche della complicatissima congiuntura internazionale, in cui prevalgono elementi di fragilità, manca del tutto una politica di investimenti adeguata con interventi più consistenti in favore del ceto medio. Una manovra all’inizio dell’iter parlamentare che si intreccia con le elezioni regionali di Umbria ed Emilia-Romagna, in scadenza nelle prossime settimane. Un turno elettore ove il centrosinistra si spera abbia imparato la lezione della Liguria. Fare opposizione non è solo teoria, ma anche pratica, con la capacità e soprattutto la volontà di mettere in campo coalizioni ampie e coese. Opposizione e non alternativa. Qui è il punto: trasformare l’opposizione in alternativa di governo spiegando cosa si dovrebbe fare per cambiare un Paese allo sfascio.