Il governo del Grammelot

di Alessandro Silvestri

Non abbiamo (ahinoi) improbabili attitudini cassandrine né tanto meno quella della Pizia del tempio di Apollo a Delfi, ma le foto di Giorgia Meloni che gigioneggia e mette la testa dentro la giacca nella seduta alla Camera del 20 marzo scorso, che già hanno fatto più volte il giro del globo terracqueo, potrebbero un giorno testimoniare anche ai posteri, il vero volto del governo italiano (il 68° della Repubblica) il primo dichiaratamente guidato da una erede ideologica del Movimento Sociale Italiano, che a sua volta lo fu del fascismo e della Rsi. Un filo a suo modo coerente, ma che ha grosse controindicazioni. Le più evidenti sono quelle che ancora impediscono alla Meloni di condannare pubblicamente e solennemente il ventunennio, e si è visto anche durante la commemorazione delle Fosse Ardeatine del 22 marzo. La seconda e parimente deleteria, quella di impedire la nascita di un partito liberal-conservatore moderno, in linea con i tempi e con gli omologhi occidentali, ma al contempo radicatamente democratico e tenacemente repubblicano, antifascista perché anti-totalitario. Fatta questa doverosa premessa, se andiamo a vedere i risultati concreti dei primi diciotto mesi di governo (il foglio rosa dovrebbe ormai essere scaduto) notiamo che gli sbarchi sono cresciuti del 50% rispetto al 2022 e del 130% rispetto al 2021 (fonte Ministero dell’Interno). La prerogativa maestra, ovvero la grancassa populista e xenofoba sulla quale due anni fa fece il pieno di voti. “Le famiglie italiane sono più ricche” ha dichiarato con l’abituale fierezza nei giorni scorsi, mentre i dati ci dicono che negli ultimi due anni la ricchezza netta è calata dell’ 1,8% (dati Bankitalia). Le accise dovevano essere ridotte (addirittura progressivamente) quando stava all’opposizione e durante la campagna elettorale, solo che poi i 25 centesimi/litro tagliati dal governo Draghi, si sono letteralmente volatilizzati alle pompe di carburante, una volta salita a cassetta a Palazzo Chigi. Non meglio è andata all’Iva su gas e pellet passati rispettivamente dal 5% e 10% al 22%. Uno schiaffo a freddo potremmo definirlo, che ha colpito principalmente le famiglie con meno disponibilità economiche. In molti si sono trovati costretti a scegliere se accendere il riscaldamento o mettere la cena in tavola. E meno male che questo inverno è stato meno rigido del solito. Fossero soltanto le difficoltà nell’affrontare le questioni economiche (che già sono un aspetto fondamentale di un governo) a preoccupare il Paese, sarebbe già un bicchiere mezzo pieno. Invece continuano a fioccare problemi con la giustizia per alcuni membri dell’esecutivo ed evidentemente in cabina di regia, i rinvii a giudizio non sono tutti uguali, visto che per Daniela  Santanchè quello sarebbe il limite della deadline mentre per Andrea Delmastro Delle Vedove, non è stata sufficiente alle dimissioni dall’incarico. Per non dire del deputato/pistolero Pozzolo, per adesso soltanto sospeso dal partito dei Fratelli d’Italia, ma appena rientrato alla sua postazione alla Camera, dove è stato pizzicato da Propaganda Live a prendere le ripetizioni di geopolitica su Limes. Almeno a Vittorio Sgarbi, che un tipo dimesso non lo è mai stato, possiamo riconoscere un etereo onore delle armi, in quanto primo e finora unico dimessosi dall’incarico per problemi con la giustizia. Ci sarebbe poi la piccolissima parentesi della politica estera, altra pietra angolare di qualsiasi governo degno dell’onere di portare questo nome. Ma anche qui, come diceva Rugantino a Meo Patacca “peggio mi sento”. E visto che abbiam citato anche le maschere della tradizione teatrale e carnascialesca romana, chiudiamo artisticamente parlando, col teatro Ariston di Sanremo: “Ho visto Joe che bacia Giorgia, che bacia Donald, che bacia Vladimir che bacia Matteo (quello lombardo), che non bacia Ursula…” Un menage davvero impressionante. Al salone delle feste della Farnesina, è stato già tutto apparecchiato col servizio buono, quello dei grandi ricevimenti.

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