Identità e polarizzazione gli ostacoli da superare

di Livio Valvano

Immaginando di poterlo vedere da lontano, questo mondo, magari a distanza di 10/100 mila anni luce, nel 2025 non apparirà molto diverso dagli anni precedenti. Il pianeta terra, cioè la comune zattera che in questo momento trasporta circa otto miliardi di abitanti che navigano verso una meta ignota, inconsapevolmente uniti, continua ad essere teatro di un’insensata attività del genere umano. C’è qualcosa che accomuna le masse dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite: l’essere strumento degli scontri di potere al loro interno. Più o meno democratici, più o meno autocratici, il livello di tensione appare sempre più intenso. A prescindere dai conflitti bellici, la competizione politica interna, anche negli stati democratici, ha raggiunto livelli di conflittualità elevati. Le guerre, giustificate da motivi religiosi, etnici, da ragioni storiche, all’osso hanno in sé una finalità di dominio di gruppi contro altri, che trascinano dietro di sé milioni di persone. Milioni di persone che vorrebbero innanzitutto vivere più liberi e possibilmente in pace, a prescindere dall’identità di chi li governa. Una aspirazione che anche nel 2025 sarà ostacolata, insieme ad altre, da una suggestione: l’identità. Sì, perché gli otto miliardi di terrestri ci tengono a definirsi in modo differente gli uni dagli altri, per colore della pelle, etnia, nazionalità, religione, orientamento sessuale, status sociale e altre infinite e crescenti classificazioni che alimentano conflitti e disuguaglianze. Anche le democrazie che apparivano più collaudate iniziano a dare segni di stanchezza. La crescente conflittualità e il leaderismo polarizzano il dibattito politico. Le “scatole istituzionali”, concepite per tenere a bada le bestiali spinte dei grandi interessi, si indeboliscono. I potentati economici avanzano nello spazio politico e i big delle nuove forme di comunicazione influenzano e iniziano a incarnare essi stessi i governi sempre meno democratici. Visti così, da lontano, avvinghiati nelle nostre illusorie certezze identitarie, appariremo ancora più irrazionali, meno liberi, più infelici. Ma noi da queste pagine non ci rassegneremo e continueremo ad alimentare la speranza di poter rigenerare quello spirito di fraternità, libertà, solidarietà che possono con la cooperazione indurre progresso, dei tanti e non solo dei pochi, a partire dall’Europa, che l’Italia deve contribuire a rafforzare e unire. Auguri!

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