di Giada Fazzalari
Marchiare come tifosi e amici dei terroristi di Hamas coloro si schierano con la libertà e l’emancipazione del popolo palestinese, oppresso da anni, e che ora è vittima di una sorta di ‘punizione collettiva’, è orribile e strumentale. Così come è sbagliato identificare il popolo israeliano con le tragiche scelte fatte dal leader del suo governo, Benjamin Netanyahu, che ha esplicitamente rivendicato di essere stato un ostacolo alla creazione di uno Stato palestinese. Scegliendo come strategia, evidentemente, quella di macchiarsi di uno spaventoso crimine di guerra perpetrato contro i civili palestinesi. Radendo al suolo Gaza, riducendo alla fame i civili, sterminando quasi trentamila persone, praticando e alimentando una guerra violenta e sanguinosa. Hamas e Netanyahu, due leadership che si sostengono e si legittimano a vicenda, in una spirale infinita in cui il sangue chiama il sangue, la morte impone altri morti, e la strage sembra non poter trovare fine. Due popoli prigionieri di una follia di morte. Eppure, piano piano, in entrambi i Paesi cresce il numero delle persone che scendono in strada non più contro il “nemico” ma contro il loro stesso governo. A Tel Aviv cresce la protesta contro Netanyahu, che perpetua la guerra per perpetuare il suo potere, che perpetua il suo potere per sottrarsi al carcere. A Gaza, dove la democrazia e il diritto di protestare non esistono, si cominciano ugualmente a vedere cittadini che, coraggiosamente, protestano contro Hamas, l’organizzazione terroristica che, ottenuta una maggioranza elettorale venti anni fa, si è trasformata in dittatura sanguinaria e criminale. Pace. La parola tabù per entrambe le cricche al comando dei due popoli, si diffonde, passa di bocca in bocca, di striscione in striscione, mentre cresce la consapevolezza che il nemico non è l’altro popolo, ma è il proprio governo; è chi prospera sulla guerra, traendone una legittimazione che non merita; è la convergenza di interessi immondi ad alimentare una guerra che, come tutte le guerre, è semplicemente folle.