Guerra di cifre sul Superbonus in un Paese sempre più fragile ed inquinato

di Stefano Amoroso

Per capire qual è la vera posta in gioco del Superbonus e degli altri bonus edilizi, conviene partire dalla cronaca di questi ultimi giorni: Nord Est allagato per causa pioggia, e cittadini terrorizzati nei Campi Flegrei ed a Napoli per le continue scosse di terremoto. In questo contesto, sarebbe doveroso costruire con attenzione ed usando le migliori tecniche a disposizione per minimizzare i danni. Danni che, oltre in tragiche perdite di vite umane, per fortuna abbastanza contenute, si traducono ogni anno in abitazioni e capannoni crollati, strutture inagibili, strade impraticabili e contrade isolate per settimane. Dato che questo è l’elefante che abbiamo nella stanza, un Governo saggio dovrebbe elaborare un piano nazionale di adeguamento ai rischi naturali, non far costruire dove non si può, e puntare alla maggiore efficienza energetica possibile degli edifici. Perché, come ci dice la scienza, il 35% dei gas serra che stanno modificando il clima, sono prodotti dalle abitazioni in cui viviamo. Il Superbonus, insieme agli altri bonus edilizi, poteva essere la pietra angolare di un nuovo inizio per questo Paese; invece, dopo pochi anni e 42 grandi modifiche al testo di legge ordinario, più centinaia di modifiche minori, è ad un passo dalla morte. Dopo il decreto legge n. 39 del 29 marzo scorso, infatti, i nuovi crediti non sono più cedibili, né si può applicare lo sconto in fattura. Di conseguenza, chi rende la sua casa più sicura ed efficiente può solo portare in detrazione dalle imposte (con un’aliquota che per ora è del 50%, ma dal prossimo anno scenderà al 36% per poi scendere ancora), in 10 anni, i soldi spesi. Ma così si nega la possibilità di vivere meglio ai cittadini meno abbienti ed ai nuclei familiari sulla soglia della povertà (o, più spesso, sotto di essa) che il Governo Meloni, a parole, dice di voler aiutare. Chi dice che è stato così anche in passato, viene smentito dai fatti: delle circa 1,6 milioni di unità abitative che hanno usufruito del Superbonus, 1,1 milioni si trovano in condomini, spesso posti alle periferie delle grandi e medie città. Che, per inciso, sono le aree che soffrono maggiormente del cambiamento climatico, a causa della bolla di calore che generano i grandi agglomerati umani. Il Superbonus è come il Vajont, ha dichiarato il Ministro Giorgetti. Per il quale, evidentemente, le misure di efficienza edilizia sono un errore gravissimo, da cercare di eliminare al più presto. Peccato che le sue preoccupazioni per i conti pubblici siano in gran parte sbagliate. Infatti, se i crediti fiscali fossero stati classificati secondo le regole europee, e non secondo il manuale MGDD di  Eurostat, che peraltro non è un documento ufficiale, sarebbero venuti alla luce i veri numeri. Non si stanca di ripeterlo Domenico Passarella, imprenditore edile e vice presidente nazionale della Federedilizia, che raggruppa diverse imprese e privati cittadini, che da almeno due anni e mezzo si trovano sulle barricate per cercare di difendere quanto fatto di buono, denunciando truffe e sprechi (che, innegabilmente, ci sono stati anche a causa della legge originaria, scritta male). Secondo Passarella “i numeri del Ministro Giorgetti non stanno in piedi: lo Stato ha già incassato, tra imposte dirette, Iva e contributi previdenziali, 135 miliardi. Altri 15 ne ha recuperati dai sequestri fatti a danno di truffatori ed imbroglioni dei bonus edilizi. A questi bisogna sommare 33 miliardi di spesa che era già coperta inizialmente, quasi 15 miliardi che vengono dal PNRR e circa 20 miliardi che lo Stato risparmierà, perché i beneficiari dei bonus edilizi non porteranno le spese in detrazione, a causa di dimenticanza, perdita di documenti, morte dei beneficiari e cose del genere.” In definitiva, secondo l’imprenditore livornese, il costo effettivo stimabile per lo Stato sarà di 16 miliardi in 10 anni: decisamente sostenibile. Anche perché, grazie ai lavori di efficienza energetica, il risparmio si sta già concretizzando: infatti secondo il CRESM, un affermato centro di ricerche economiche e sociali, che cita l’ENEA, solo nello scorso anno lo Stato ha risparmiato 3 miliardi, comprando meno idrocarburi e prodotti petroliferi per il riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Rendere più sicuro ed efficiente il patrimonio edilizio italiano, quindi, è un dovere nei confronti dei cittadini, una scommessa per il futuro e può anche tradursi in un guadagno per le casse pubbliche: basta crederci fino in fondo e predisporre le misure necessarie. Abbiamo però bisogno di statisti e politici con una visione di lungo periodo

Ti potrebbero interessare