Giorgetti e la finanziaria: saggezza o stagnante prudenza?

di Stefano Amoroso

Nessun aumento delle tasse, più soldi per la sanità e le coppie con figli, investimenti pubblici e previsioni di robusta crescita per il futuro. Presentata così, la legge di bilancio 2025, comunemente nota con il nome di manovra finanziaria, sembrerebbe dover raccogliere consensi quasi unanimi e dovrebbe far disperare l’opposizione. Tuttavia, prima che parta l’applauso in piedi al Governo Meloni, conviene esaminare un po’ più da vicino i numeri messi nero su bianco e certificati da vari istituti indipendenti, tra cui l’Istat e Gimbe. Innanzitutto, l’andamento del Pil: se è vero che la revisione dell’indice degli anni passati ha portato ad aumentare la crescita reale rispetto alle previsioni e ad abbassare il rapporto tra deficit e Pil, il che è un indubbio regalo che i precedenti Governi hanno fatto a Giorgetti, Meloni e compagnia, d’altra parte è ormai acclarato che la crescita del 2024 sarà intorno ad un modesto +0,6%. E negli anni prossimi tutto fa prevedere che non dovrebbe andare meglio: gli investimenti sono calati molto, fino ad azzerarsi, in interi settori; è terminata la spinta che i bonus edilizi avevano dato ad uno dei settori trainanti dell’economia e la spinta della crescita dell’occupazione si dovrebbe ridurre: infatti, essendo ormai recuperata la perdita di posti di lavoro subita a causa del biennio di pandemia, in particolare tra le donne ed i giovani, pare difficile che la crescita possa proseguire inarrestabile anche nei prossimi anni. Per farlo, infatti, ci vorrebbe non solo un settore industriale in piena espansione, mentre al contrario è in continua contrazione da anni, ma avremmo bisogno anche, e soprattutto, di servizi per infanzia e terza età. Senza questi ultimi il peso della cura della famiglia e dei non autosufficienti, che grava soprattutto sulle donne, non consente di trovare impieghi ben remunerati. Soprattutto dove ce ne sarebbe più bisogno, ovvero al sud. In queste condizioni, giovani e donne possono aspirare al massimo ad impieghi a tempo parziale nel settore dei servizi, che di solito sono anche i peggio pagati. Proprio per questo, e non per un capriccio di qualche burocrate, il Pnrr prevedeva robusti investimenti in servizi essenziali come gli asili nido, concentrandoli soprattutto al sud e nelle periferie più disagiate. Ma il Governo Meloni, per tramite di Fitto, ha tagliato vari progetti del Pnrr: soprattutto quelli rivolti al sociale ed ai più fragili; sono stati sostituiti da soldi in contanti da regalare ai neogenitori. Però è probabile che i 1000 euro a neonato promessi dalla Meloni serviranno a ben poco. Curiosamente, è la stessa cifra che mise a disposizione il Governo Berlusconi nel 2003, con tanto di letterina di auguri ai neogenitori ed alla loro prole. Potevano almeno adeguarla al costo della vita, invece niente. Ecco perché il piatto di Giorgetti piange: siamo destinati ad avere una crescita asfittica, diseguale e comunque insufficiente per colmare il divario con i Paesi locomotiva dell’Europa. Va bene, si dirà, ma almeno il rapporto tra deficit e Pil è destinato a ridursi. Vero? Non è detto. Innanzitutto perché, come abbiamo già scritto nelle settimane scorse, con una crescita debole la tendenza del deficit è ad aumentare e non a diminuire. E poi perché non si è avuto il coraggio di tagliare la spesa improduttiva. Altro capitolo dolente è quello della sanità. Qui la Meloni ha tentato un gioco di prestigio degno dei migliori maghi: quello noto con il nome di “somma delle finanziarie”, o somma delle mele con le pere. I 3-4 miliardi di euro che sarebbero stati messi a disposizione della sanità, infatti, derivano dalla somma degli stanziamenti (certi) di questa legge di bilancio, pari a 900 milioni, con quelli previsti, se la crescita verrà confermata e si verificheranno altre condizioni, nei prossimi anni. Siamo oltre la somma delle mele con le pere, per il semplice motivo che queste ultime sono del tutto virtuali e calcolate come certe, quando l’albero deve ancora far sbocciare i fiori. Limitandoci a ciò che abbiamo di concreto oggi, ovvero 900 milioni, parliamo di un incremento percentuale di spesa compreso tra lo 0,04 e lo 0,05 per cento del Pil attuale. Siamo ben al di sotto dell’inflazione italiana, che nel 2024 è stimata al 2,3%. E allora Giorgetti deve stare attento a citare Battisti nella famosa canzone “la collina dei ciliegi” (troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante): in questa finanziaria si vedono sia poca saggezza, che scarsa prudenza.

 

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