Attenti a quei due

di Giada Fazzalari

Nelle guerre commerciali, specie se hanno portata globale, ci perdono tutti. Dividono e danneggiano i rapporti tra Paesi e non uniscono. Quando Trump ha dichiarato guerra a tre dei suoi maggiori partner commerciali, Messico, Canada e Cina, imponendo dazi del 25 e del 10 per cento, tutti sapevano che sarebbe arrivato il turno dei dazi per l’Unione Europea. È il metodo Trump, trattare in forma muscolare con i suoi interlocutori per trarne vantaggio, non senza colpi a sorpresa e scene da prestigiatore. In sole quarant’otto ore, dall’annuncio dei dazi fino alle prime, dure, reazioni si era già completato un giro sulle montagne russe: dazi, minacce ripetute, mercati che cadono e si riprendono. E così il tycoon detta la sua agenda, in Usa e fuori, a colpi di decreti. L’ostilità verso la vecchia architettura comunitaria europea era ben nota. La guerra commerciale come quella che sarà scatenata dagli Usa contro l’Ue non ha precedenti, per cui le conseguenze politiche sono insondabili. Di certo, non sarà priva di tensioni, visto che preludono al rischio che deraglino alcuni capisaldi dell’Unione, aggravando un’economia già fragile e intaccando lo spirito democratico minacciato dai sovranismi che crescono: i tedeschi di Afd che volano nei sondaggi grazie anche al sostegno parallelo di Elon Musk e di Putin. La destra anti-atlantista e filo-russa insieme. Quando Elon Musk ha lanciato su X lo slogan “Make Europe great again”, un programma che sa di succursale del trumpismo in Europa, ci si è chiesti con quali presupposti si voglia fare un’Europa più forte se nei disegni di The Donald c’è innanzitutto quello di disgregarla. Il tema è più profondo: l’isolazionismo di Trump può rappresentare un progressivo allontanamento dall’ordine liberale, cioè rispettare norme, istituzioni e valori che si riconoscono in una serie di regole comuni, promuovere la cooperazione economica, garantire la sicurezza, lo stato di diritto. L’America che vuole tornare grande, non vuole più stare a questo quadro, perché ritiene che può far meglio sola, a costo però che altri Paesi, come l’unione Europea, si disgreghino. Se è vero che Giorgia Meloni farà da pontiere fra le due sponde dell’Atlantico, dovrebbe spiegare al tycoon che l’Europa è una e può essere grande se risponde con una voce sola e se resta unita. Anche a costo di abbandonare quella subalternità nei confronti degli Stati Uniti che nel medio termine non la ripagherà. Ci sono momenti della storia, come questo, in cui difendere la patria con coraggio, battendo i pugni sul tavolo per far valere i propri interessi e non subirli, può cambiare il corso degli eventi. Quando in questo Paese è successo, si è cambiata anche la storia. Rileggersi Craxi e Sigonella.

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