di Lorenzo Cinquepalmi
Quando nasce, lo Stato di Israele diventa il bersaglio degli stati arabi dell’area: Egitto, Giordania, Siria, Iraq. Nasce come stato laico, democratico, di stampo europeo come di cultura europea occidentale sono i suoi fondatori. Oggi la laicità è stata emarginata dal carattere religioso assunto dalle leadership sia arabe che israeliana. La stagione degli accordi di Oslo è tramontata con la passeggiata di Sharon sulla spianata delle moschee. E mentre progressivamente alcuni grandi stati arabi, come Giordania, Egitto, monarchie del Golfo, fanno pace con Israele, la teocrazia iraniana scende in campo in una nuova guerra santa contro la scheggia di occidente piantata in mezzo al medio oriente mediterraneo. La situazione pare indistricabile: esistono leadership, in entrambi i campi, per le quali la guerra è il pilastro indispensabile su cui si regge il mantenimento del potere. L’escalation sembra inarrestabile: il 7 ottobre 2023 Hamas compie una strage senza precedenti per orrore e dimensione; per reazione Netanyahu scatena una rappresaglia di ferocia e dimensioni inconcepibili. Ma di fronte al mandato di cattura della Corte Penale Internazionale per i leader dei due schieramenti, la comunità internazionale, soprattutto l’occidente, ma soprattutto ancora l’Europa, balbettano. Non ci sono ragioni strutturali che impediscano inaugurare una stagione di pace e prosperità per entrambi i popoli. Ci sono, invece, leadership che esistono e governano non per il benessere dei rispettivi popoli ma per la loro personale sopravvivenza politica. Per questo la tregua è auspicabile ma non basta: occorre che i popoli si emancipino da fanatismo religioso, odio, sentimenti di rivalsa per assaporare il gusto della libertà dalla paura e dal bisogno. La democrazia è il presupposto di questo: manca da sempre nelle comunità arabe e purtroppo ormai langue anche in quello Stato di Israele in cui il governo bastona i manifestanti, comprime la libertà di informazione, chiude giornali e perseguita i giornalisti, preme sulla magistratura cercando di condizionarla e, dietro lo scudo dello stato di guerra, soffoca libertà civili e dissenso. Se la democrazia è un valore irrinunciabile, è venuto il momento di difenderla e promuoverla ovunque venga osteggiata, sia apertamente che in modo subdolo. L’Europa deve riprendere il ruolo di guida morale dell’occidente e mobilitare tutte le forze democratiche per ricacciare nel baratro Hezbollah e Netanyahu, ayatollah e haredim. Netanyahu non è Israele: un leader che fa massacrare decine di migliaia di donne e bambini incolpevoli deve subire la giustizia internazionale esattamente come chi, il 7 ottobre, ha assalito famiglie e ragazzi in festa. Per questo appare disgustosa la reazione al mandato di arresto della Corte Penale Internazionale di politici come Salvini e Orban, che dal governo di nazioni vincolate al trattato che ha istituito la Corte si permettono di incitare al mancato rispetto delle sue ordinanze. Sono politici che sognano di sostituire la democrazia con un suo simulacro intollerante e autoritario. E vanno fermati.