di Rocco Romeo
Dal 7 ottobre 2023, la Striscia di Gaza è diventata l’epicentro di una devastazione senza precedenti. Tra bombardamenti incessanti e una situazione umanitaria sempre più disperata, i giornalisti che operano sul campo per raccontare la realtà sono diventati bersagli. Secondo l’ufficio per i Media, 191 giornalisti sono stati uccisi dall’inizio del conflitto. La cifra è scioccante, non solo per la sua entità, ma anche per ciò che rappresenta: la sistematica soppressione di chi cerca di testimoniare le atrocità del conflitto. Non sono solo i giornalisti a pagare il prezzo più alto. Gli attacchi indiscriminati hanno coinvolto ospedali, ambulanze e operatori sanitari. Organizzazioni come Medici Senza Frontiere hanno denunciato perdite gravissime tra il personale medico e gli operatori umanitari che lavorano in condizioni estreme per offrire cure ai feriti. Molti medici sono stati uccisi mentre erano in servizio, all’interno degli ospedali o durante le evacuazioni. Le ambulanze, spesso l’ultimo filo di speranza per chi è in fin di vita, sono state distrutte sotto il fuoco incrociato. Secondo il diritto internazionale, colpire personale medico e strutture sanitarie è considerato un crimine di guerra, ma la realtà sul terreno dimostra come queste norme vengano sistematicamente ignorate. Solo pochi giorni fa, Save the Children ha confermato la morte di Ahmad Faisal Isleem Al-Qadi, un membro del loro staff, ucciso in un attacco aereo israeliano a Khan Younis. Ahmad, 39 anni, lavorava nel team amministrativo di Gaza dal maggio 2024. Sabato pomeriggio, mentre tornava a casa dalla moglie e dalla figlia di tre anni dopo essere stato in moschea, è stato colpito mortalmente. La sua storia è emblematica della brutalità del conflitto: Ahmad, che era sordo, era conosciuto per la sua determinazione nell’aiutare gli altri e per il suo amore per la famiglia. Condivideva spesso con i colleghi il sogno di ricostruire la casa, distrutta in un precedente attacco aereo. La sua morte è avvenuta nello stesso giorno in cui altre diciassette persone hanno perso la vita a Khan Younis in almeno due attacchi separati. Ahmad è il secondo membro di Save the Children ucciso dall’inizio della guerra. Sameh Ewaida, anch’egli trentanovenne, è stato ucciso insieme alla moglie, ai quattro figli e ad altri membri della famiglia allargata nel dicembre 2023, quando un attacco aereo ha colpito il loro edificio residenziale. “Non ci sono parole abbastanza forti per esprimere il dolore e l’indignazione che proviamo per la perdita di Ahmad”, ha dichiarato Inger Ashing, Ceo di Save the Children International. “Condanniamo questo attacco con la massima fermezza e chiediamo un’indagine. Questa guerra è stata la più letale per quanto riguarda l’uccisione di operatori umanitari e delle Nazioni Unite”. Le Nazioni Unite, insieme a numerose Ong e organizzazioni umanitarie, hanno espresso profonda indignazione per la violazione delle leggi internazionali. “Gli attacchi a giornalisti, medici e infrastrutture civili non possono essere giustificati come danni collaterali: sono crimini di guerra pianificati”, ha dichiarato un portavoce di Amnesty International. Nonostante la condanna unanime, però, la risposta globale è stata finora debole. L’impotenza della comunità internazionale nel fermare le violenze e garantire la protezione di civili e operatori umanitari solleva interrogativi sull’efficacia delle istituzioni che dovrebbero tutelare i diritti fondamentali. Oltre agli attacchi mirati, Gaza affronta una crisi umanitaria catastrofica. Le strutture sanitarie sono al collasso, i rifornimenti di acqua, cibo e medicine scarseggiano, e i civili sono intrappolati in un territorio dove la morte sembra essere l’unica certezza. Il blocco imposto e i continui bombardamenti hanno reso impossibile l’accesso ai soccorsi, aggravando ulteriormente la situazione. Le atrocità che si consumano nella Striscia di Gaza richiedono una risposta unitaria e decisa. Non è sufficiente condannare: è necessario agire per fermare la spirale di morte e violenza e garantire che i responsabili di questi crimini rispondano davanti alla giustizia. La tutela dei civili, dei giornalisti e degli operatori sanitari non è solo un obbligo legale, ma una questione di dignità morale. Raccogliere testimonianze, proteggere chi salva vite e chi racconta è essenziale per preservare ciò che resta della nostra umanità. Gaza è un grido disperato che il mondo non può continuare a ignorare.