La Storia


Il PSI trae la sua origine storica e ideologica dal Partito Socialista Italiano, nato a Genova nel 1892. Esso fondava in sé l’esperienza socialista sia di ispirazione riformista che marxista. I principali promotori della formazione del PSI furono, tra gli altri, Filippo Turati, Claudio Treves e Leonida Bissolati.
La prima scissione del PSI avviene nel Congresso di Livorno del 1921. Dopo che Lenin aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami dei 14 punti dell’Internazionale Socialista e ad espellere la corrente riformista di Turati, i comunisti di Bordiga e Gramsci, in minoranza, escono dal Congresso e fondano il Partito Comunista .

Nel 1922 la corrente riformista di Turati viene espulsa dal Partito per la collaborazione data ai partiti borghesi nel risolvere la crisi di Governo del 22’, che aprirà le porte al Fascismo. Turati fonda il PSU (Partito Socialista Unitario), che nel 1930, in Francia, nel pieno dell’esilio fascista, si riunificherà con i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni. Nel 1943 rinasce a Roma il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) che raggruppa una parte consistente di personalità influenti della sinistra italiana antifascista, come il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il nuovo segretario sarà Pietro Nenni.

Il PSIUP durante la Resistenza partecipa attivamente al Comitato di Liberazione Nazionale e si avvicina in particolare al Partito Comunista Italiano con una politica di unità d’azione volta a modificare le istituzioni in senso socialista. Questa politica viene osteggiata dalla destra del partito guidata da Giuseppe Saragat, preoccupato che le divisioni interne alla classe operaia potessero favorire l’ascesa di movimenti di destra autoritaria, come era avvenuto nel primo dopoguerra con il fascismo.

In occasione del referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, il PSIUP è uno dei partiti più impegnati sul fronte repubblicano, al punto da venire identificato come “il partito della Repubblica”.
Il 10 gennaio 1947 il PSIUP riprende la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI). Il cambio di nome avviene nel contesto della scissione della corrente socialdemocratica guidata da Giuseppe Saragat (scissione di palazzo Barberini), il quale darà vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), e marcherà una profonda distanza dai comunisti (ormai definitivamente agganciati allo stalinismo sovietico). Il PSI invece, proseguirà sulla strada delle intese con il PCI, e con quest’ultimo deciderà anche di fare un fronte comune, il Fronte Democratico Popolare, in vista delle elezioni dell’aprile 1948.

Dopo la sconfitta elettorale del 1948, la lista del Fronte Democratico Popolare non verrà più riproposta, ma il PSI resta alleato col PCI, all’opposizione, per ancora molti anni. 
Una svolta importante nella storia del PSI è costituita dal Congresso di Venezia del 1957, quando, in seguito all’invasione sovietica dell’Ungheria e alla rottura col PCI, il partito comincia a guardare favorevolmente all’alleanza con i moderati: si rafforza il nesso socialismo-democrazia e il PSI abbandona i legami con il blocco sovietico.
Nel 1963 il PSI entra definitivamente al Governo, con l’esecutivo guidato da Aldo Moro, dando avvio alla stagione del “centrosinistra”.

Dopo lo squilibrio elettorale alle amministrative del 1972 tra PCI e PSI , la segreteria del Partito nel luglio 1976 passa da De Martino a Bettino Craxi, vicesegretario e membro di punta della piccola corrente autonomista di Pietro Nenni. Nell’agosto del 78’, viene pubblicato “Il Vangelo Socialista”, con il quale si sancisce la svolta ideologica, con lo smarcamento dal marxismo, appannaggio di un percorso culturale distinto da quello del PCI e che prende le mosse da Proudhon evolvendosi col socialismo liberale di Carlo Rosselli.

Nel 1985, dopo gli anni di partecipazione al Pentapartito, il PSI di Bettino Craxi rimuove la falce e il martello dal proprio simbolo per rimarcare la sua intenzione di costruire una sinistra alternativa e profondamente riformista guidata dal PSI e non più egemonizzata dal PCI. L’elettorato premia questa scelta: la percentuale di consensi infatti sale dal 9,8% ottenuto nel 1979 fino a toccare il picco del 14,3% nel 1987.
Con la caduta del muro di Berlino dell’89, reputando imminente una conseguente crisi del Partito Comunista Italiano, Craxi inaugura l’idea della “Unita Socialista” da costruire insieme con il fidato Psdi e nella quale coinvolgere anche ciò che nascerà dalle ceneri del PCI. Come previsto, infatti, il PCI viene sciolto e gli ex comunisti confluiranno nel più moderato e riformista PDS. I primi riscontri elettorali da parte del PSI paiono incoraggianti, poiché alle elezioni regionali del 1990 i socialisti si portano al 18% come media nazionale.

Nel 1992 scoppia lo scandalo di Tangentopoli, che colpisce prevalentemente Bettino Craxi ma mette in crisi tutti i partiti della cosiddetta Prima Repubblica. Il partito cambia rapidamente molti segretari fino al definitivo sfaldamento in tante parti.

Schiacciato dall’offensiva giudiziaria e da una feroce campagna giornalistica, il PSI si scioglie definitivamente con il 47° congresso il 13 novembre 1994 presso l’Auditorium del Palazzo dei Congressi di Roma. Da quel giorno ha inizio la diaspora socialista in Italia.

Dopo anni di divisioni, nell’ Aprile 2007, a Fiuggi, il segretario dello Sdi Enrico Boselli, annuncia l’intenzione di dar vita al Partito socialista assieme a personalità, esponenti e simpatizzanti provenienti anche da altri partiti. 
Nel luglio 2007 con la Costituente socialista si avvia il processo che porterà il Partito socialista formato non solo dalla ricomposizione della diaspora socialista, ma anche da molte anime riformiste, laiche, democratiche della sinistra italiana che si richiama ai valori e ai principi del Partito socialista Europeo. Il comitato promotore del Partito, guidato da Enrico Boselli e Gavino Angius, è composto da: Roberto Barbieri, Franco Benaglia, Vittorio Craxi, Cinzia Dato, Mauro Del Bue, Gianni De Michelis, Rino Formica, Ada Girolamini, Franco Grillini, Ugo Intini, Pia Locatelli, Maria Rosaria Manieri, Alberto Nigra, Gianfranco Schietroma, Valdo Spini, Lanfranco Turci, Roberto Villetti, Saverio Zavettieri.

A seguito della sconfitta elettorale del 13 e 14 aprile 2008 Enrico Boselli ha presentato le sue dimissioni dalla guida del partito ed è stato convocato congresso di fondazione.
I lavori del Primo Congresso si sono tenuti a Montecatini il 4, 5 e 6 luglio 2008.
Dopo tre giorni di dibattito il congresso del partito ha approvato un documento politico unitario e ha eletto Segretario nazionale, all’unanimità, Riccardo Nencini.

Il 7 ottobre 2009, la Direzione del partito, su proposta del Segretario Riccardo Nencini ha assunto la decisione, di adottare la denominazione Partito Socialista Italiano.

Il secondo congresso nazionale si svolge a Perugia il 9 , 10, 11 luglio 2010. Riccardo Nencini è rieletto segretario nazionale del partito.

Con le elezioni del 24 febbraio 2013 il Psi, componente della coalizione Italia Bene Comune, torna ad essere rappresentato in parlamento, eleggendo 4 deputati e 3 senatori. Il Segretario Nencini viene riconfermato nelle assise congressuali di Venezia del 29, 30 novembre e 1 dicembre e di Salerno il 15,16 e 17 aprile 2016. Nel 2017 si tiene un congresso straordinario che confermerà Riccardo Nencini alla guida del partito.

Alle elezioni politiche del 2018 il Psi si presenta con Verdi e Civici prodiani nella lista ‘Insieme’ eleggendo al Senato Riccardo Nencini e alla Camera Fausto Longo.
Il Congresso straordianrio del Psi che si tiene nel marzo del 2019 vede la candidatura di due mozioni: quella di Enzo Maraio e quella di Luigi Iorio.

Verrà eletto all’unanimità Enzo Maraio segretario del partito.